Melfi, tra arte, storia e terremoti
Incastonata a nord, a pochi passi dalla Campania e dalla Puglia, Melfi merita sicuramente una visita nel giro della Basilicata, sia per l’incantevole e scenografico centro storico dai tratti medievali che si sviluppa intorno al castello, sia per la storia legata a quella d’Italia. Non per nulla Melfi è conosciuta anche come la Città delle Costituzioni di Federico II!
La grande necropoli di Rapolla testimonia che quest’area era abitata sin dal neolitico. In epoca romana non fu posta in rilievo a causa dell’importanza commerciale della vicina Venosa. La sua visibilità crebbe man mano che si susseguirono le dominazioni dei Bizantini, dei Longobardi e dei Normanni.
A Melfi si tennero ben cinque concili, organizzati da cinque diversi Pontefici:
- 1059 – I concilio di Melfi – papa Niccolò II. In tale circostanza Melfi divenne la capitale del ducato di Puglia e Calabria (ceduto non molto tempo dopo a Salerno).
- 1067 – II concilio di Melfi – papa Alessandro II.
- 1089 – III concilio di Melfi – papa Urbano II. Fu indetta la prima Crociata in Terra Santa.
- 1101 – IV concilio di Melfi – papa Pasquale II.
- 1137 – V concilio di Melfi – papa Innocenzo II.
Dopo i Normanni arrivarono gli Svevi di Federico II Hohenstaufen, che scelse la città come residenza estiva e la arricchì di importati eventi storici, primo tra tutti la promulgazione delle Costituzioni di Melfi (o Constitutiones Augustales), codice unico di leggi per l’intero regno di Sicilia, considerata ancora oggi un’opera fondamentale nella storia del diritto.

Dopo tanta gloria, seguirono anni di declino, sotto gli Angioini e poi gli Aragonesi.
Tra il 22 e il 23 marzo 1528, l’esercito francese perpetrò un assedio feroce e sanguinario che passò alla storia come “La Pasqua di sangue“, uccidendo tra le 3.000 e le 4.000 vittime civili.
Nel 1531, il re di Spagna Carlo V riconquistò una Melfi in macerie e parzialmente abbandonata. Grazie a due editti di Carlo V, la città venne ripopolata da persone provenienti dai paesi limitrofi e da una colonia di albanesi.
Fu inoltre conferita del titolo di “fedelissima“.
Seguirono secoli di declino sotto la sovranità delle dinastie reali spagnole degli Asburgo e dei Borbone, caratterizzati da malcontento sociale e insurrezioni del popolo.
Nel 1656 si diffuse la peste, che provocò oltre 500 morti in sei mesi.
Nel 18521 un violento terremoto distrusse buona parte dell’abitato con gravi perdite tra gli abitanti. D’altronde Melfi è ancora oggi classificata come “zona 1” (a sismicità alta).
Arrivò l’unità d’Italia e, per il territorio, il fenomeno del Brigantaggio: nel mese di aprile 1861, la città venne occupata dagli uomini del brigante Carmine Crocco, che proclamò un governo in nome di Francesco II. L’occupazione destò scalpore nel regno, tant’è che Giuseppe Garibaldi citò il “governo provvisorio a Melfi” durante una discussione parlamentare. L’ordine fu riportato nel 1864 dai bersaglieri sabaudi, che giustiziarono diversi briganti.
In era fascista, Melfi, come altri luoghi della Basilicata, fu luogo di esilio per diversi antifascisti.
Nel 1930, la storia della città si lega ancora una volta agli eventi sismici: il terremoto del Vulture fece ingenti danni dando il via a un nuovo flusso migratorio, specialmente verso il nord.
Anche i bombardamenti del 1943, durante la seconda guerra mondiale, causò numerose vittime tra la popolazione.
La tanto agognata ripresa iniziò negli anni novanta, con l’impianto degli stabilimenti FIAT e Barilla presso la zona industriale di San Nicola di Melfi.
Giro di Melfi con guida!
Premetto che sono stato a Melfi il giorno di Ferragosto, quindi la maggior parte degli esercizi commerciali era chiusa, tutto ruotava attorno alla messa in cattedrale e l’atmosfera era quella di un giorno di festa.
Nonostante ciò, ho avuto il piacere di una visita condensata ma intensa, grazie alla mia amica Marcella – melfitana d’origine e scout inside – e di un gruppo di suoi amici, che mi hanno aiutato a condensare in un pomeriggio le tappe più significative!
I particolari della giornata li trovate nel taccuino in fondo alla pagina, mentre di seguito eccovi un po’ di informazioni sui principali luoghi di interesse per programmare una visita.
Il Castello di Melfi
Per voi che visitate Melfi, ricordate la prima direttiva: mai parlare male del Castello a un melfitano!
Per gli abitanti di Melfi, infatti, il Castello è l’orgoglio e il centro della città, e non a torto!
Si tratta infatti di uno dei più importanti castelli medievali d’Italia e forse il più rappresentativo del meridione, insieme al Castello di Taranto.
Fu edificato dai normanni nell’XI secolo per controllare il passaggio tra la Campania e la Puglia, e fu più volte ritoccato dai successivi inquilini, come gli angioini e gli aragonesi. Resistette quasi incolume ai terremoti del 1851 e del 1930.
Tra il 1059 e il 1137, i pontefici diedero lustro alla città di Melfi e al suo castello, organizzandovi sinodi e concili.
Al termine del concilio di Melfi I, con il concordato di Melfi, il papa nominò Roberto il Guiscardo duca di Puglia e Calabria. Quest’ultimo usò il castello per confinarvi la prima moglie Alberada, ripudiata per sposare Sichelgaita di Salerno.
Con la venuta degli Svevi, la storia non fu meno gloriosa: Federico II, nel 1231, promulgò dal castello le costituzioni di Melfi, il codice di leggi del regno di Sicilia. Federico II vi conobbe la futura moglie, Bianca Lancia, nipote del Marchese di Monferrato.
Il castello fu anche usato come prigione, e infatti Federico II vi relegò, nel 1241, alcuni cardinali e vescovi francesi e tedeschi, che avrebbero dovuto partecipare al concilio papale organizzato per destituirlo.
Arrivarono poi gli angioini, che apportarono numerose modifiche e elessero la fortezza a residenza ufficiale di Maria d’Ungheria, moglie di Carlo II d’Angiò.
Con gli aragonesi, il castello venne affidato prima alla famiglia Caracciolo e poi ai Doria, che se lo tramandarono fino al 1950.
Oggi ospita il Museo archeologico nazionale del Melfese, inaugurato nel 1976.
Vi suggerisco una visita serale al portone d’ingresso, per ammirare in tutta tranquillità il ponte (un tempo “levatoio”) e le dieci torri illuminate nel silenzio del centro strico di Melfi. Purtroppo è consentito parcheggiare proprio in prossimità del portone e sul ponte, e quindi si perde un po’ di poesia, ma l’atmosfera resta comunque suggestiva.
Cattedrale di Santa Maria Assunta
Il contrasto negli stili che si percepisce di fronte alla Cattedrale, titolata a Santa Maria Assunta, è dovuto alle continue ristrutturazioni e modifiche dovute alle dominazioni che passavano e ai terremoti che mischiavano le carte: le prime costruzioni risalgono al 1076, il campanile normanno è del 1153, la facciata barocca è successiva al terremoto del 1694 e i 6 pannelli in bronzo aggiunti nel 2010.
…e dentro è ancora più complicato! (in senso buono!)
La pianta è a croce latina.
Le colonne che separano le navate, regolari con mattoni in pietra bianca, sorreggono archi con intonaco chiaro che hanno il massimo contrasto con un ricchissimo soffitto a cassettoni in legno del Settecento, dove a predominare è l’oro! Grandi tele ti accolgono e ti seguono mentre avanzi, come l’Ultima Cena sotto il finestrone centrale.
Man mano che cammini sul lungo pavimento di marmo e pietre dure, inizi ad apprezzare le sfumature dell’altare in marmo policromo, che quasi litiga con lo sfarzo barocco della cattedra e del pulpito.
E poi c’è il grande organo che ti osserva dal fondo!
In questa varietà di stili ho apprezzato molto la sobrietà di una tela che raffigura il battesimo nel Giordano posta proprio sopra a fonte battesimale, semplice, in pietra bianca.
La Cattedrale ospita infine una Madonna di stile bizantino e la statua di sant’Alessandro.
Palazzo del Vescovado
Come vi avevo detto, era Ferragosto quando sono andato a visitare Melfi, e quindi era d’obbligo partecipare alla messa dell’Assunta in Cattedrale! Fu una sorpresa quando vidi che a presiedere la celebrazione c’era il vescovo… ma ancora più sorpresa fu vedere che per tutti era una cosa normale… ma allora viene spesso qua!
Il perché lo scoprii uscendo nella piazzetta Guglielmo Marconi: la Cattedrale è praticamente fusa con il Palazzo del Vescovado… in pratica non era lui a essere in visita, ma io che ero entrato a casa sua!
Il Palazzo del Vescovado è stato eretto dai Normanni nell’XI secolo e più volte ritoccato dal vescovo di Melfi. Dopo il terremoto del 1694 fu praticamente rifatto e da normanno divenne barocco grazie ai progetti commissionati dai vescovi dai vescovi Antonio Spinelli e Pasquale Teodoro Basta. A testimonianza degli elementi innovativi rispetto al progetto originale possiamo vedere la balconata sopra al portone, la fontana nel cortile e l’ampio scalone a forbice.
Storicamente, in questo palazzo venne votata l’annessione al Regno d’Italia nel 1860, poi vi fu l’invasione di Melfi da parte dei briganti di Carmine Crocco che ritardò l’attuazione del plebiscito.
Nel 1978 il vescovo Armando Franco istituì tra queste mura il Museo Diocesano, ma il terremoto del 1980 e i successivi lavori di restauro posticiparono l’apertura al 2011 alla presenza del cardinale Angelo Bagnasco.
Non mi è stato possibile visitare il Palazzo e il Museo, dato il periodo di festa (e l’ora tarda a cui mi sono presentato al portone), ma sono certo che merita un ritorno, perché al suo interno sono conservati documenti storici della biblioteca vescovile, diversi libri stampati nel XVI secolo e una pinacoteca con dipinti di Francesco da Tolentino a Cristiano Danona. Infine, sono da vedere il salone degli stemmi e la sala del trono con i suoi affreschi.
Chiesa rupestre della Madonna delle Spinelle
Se Marcella non me l’avesse indicata, probabilmente non avrei mai notato questa chiesetta: mentre sfrecciavamo tra le strade trafficate di Melfi come solo un abitante del luogo sa fare, imbocchiamo via Dante Alighieri, che offre una meravigliosa veduta del Castello. Ma se anziché guardare il Castello ci si gira verso l’altro lato della strada, dietro il guard-rail e a un piano più basso del livello stradale si può vedere l’ingresso della Chiesa rupestre della Madonna delle Spinelle.
Si tratta di una chiesa (o quel che ne resta) del XII secolo, costruita su un territorio abitato sin dalla preistoria e scoperta nel 1845 a seguito di una frana. Originariamente, la grotta era parte della basilica paleocristiana dedicata a Santo Stefano. Ha una pianta circolare e una cupola che sormonta un cornicione sostenuto da sei colonne che formano altrettante nicchie con archi. La versione originale doveva essere molto più grande (il cartello esterno parla di tre navate), ma ciò che resta conserva ancora degli affreschi originali, come quello della Madonna delle Spinelle, di cui ora porta il nome.
Un amico mi ha detto che suo cugino una volta ha conosciuto uno che ha visto un passaggio segreto tra la grotta e il Castello. Non ho potuto verificarlo, quindi se qualcuno di voi riesce a scoprire se è vero, per favore me lo scriva, ché tornerei a Melfi solo per sapere se è vero!!!
E poi la leggenda: si narra che, durante il III Concilio di Melfi, papa Urbano II visitò la chiesetta e, proprio qui, iniziò una discussione sulla liberazione del Santo Sepolcro. Questa discussione avrebbe portato di lì a poco, alla Prima Crociata e che, proprio per questa ragione, in questa chiesa si riunirono i soldati normanni in partenza per la Terra Santa, capeggiati da Boemondo.
Fontana del bagno
Alla fine di via Nitti, un tempo denominata via Sélice, quasi alla congiunzione con via Bagno, un tempo c’era una delle porte della città: Porta del Bagno, chiamata anche Porta Bagni o Porta Balnea. Era una delle porte principali, se non la più importante, e di essa oggi non resta niente a causa del terremoto del 1851. Sulla porta era riportata un’iscrizione:
“Deus defendat civitatem, et angeli Dei custodiant muros suos”
ovvero:
“Dio difenda la città. Gli angeli di Dio custodiscano le sue mura”
Poco distante, resta ancora oggi la splendida Fontana del Bagno, costruita nel 1928. Era un tempo il lavatoio della città e la fonte principale delle scorte idriche per le case sprovviste d’acqua corrente. Melfi, infatti, è ricca di acqua che raccoglie dalle vicine sorgenti del Vulture. Sfruttando questa ricchezza, i principi Doria (l’ammiraglio Andrea Doria fu il primo a essere insignito del titolo di Principe di Melfi da Carlo V nel 1531, e dopo di lui ci fu una dinastia di Doria a ricevere per successione lo stesso titolo), fecero realizzare, nel XIX secolo numerose opere idrauliche portando acqua potabile nella maggior parte delle case e realizzando fontane pubbliche e lavatoi per la popolazione e i viandanti.
Il centro storico, infatti, è dotato di numerose fontane pubbliche, grazie al grande serbatoio realizzato nel XIX secolo in prossimità del Castello.
Le mura e le porte della città
Una passeggiata, a piedi o in auto, lungo le mura di Melfi è d’obbligo!
Il centro storico è interamente circondato da una cinta muraria di circa quattro chilometri, sorretta da torri esterne. La realizzazione è avvenuta in più fasi attraverso il contributo di bizantini, normanni, svevi e aragonesi.
È uno dei pochi esempi di città fortificata del sud Italia!
L’opera si articola sull’orlo del pianoro, tutto intorno al nucleo originale di Melfi, a ridosso dei precipizi.
Lungo le mura sono disposte le Porte di accesso alla città… o almeno quelle che restano.
Quella che – secondo la mia modesta opinione di turista occasionale – merita una visita è la Porta Venosina, risalente all’epoca sveva, disposta sull’antica via che conduceva a Venosa e alla via Appia. Su di essa fa bella mostra lo stemma di Melfi, da non confondere con quello dei Caracciolo, a sinistra.
Ci dovrebbe essere una lapide posta da Federico II per decantare la gloria e la grandezza di Melfi, ma anche se fosse ancora quella… è illeggibile.
La scheda della Città
- Coordinate: 40°59′47″N 15°39′21″E
- Altitudine: 532 m slm
- Provincia: Potenza
- Superficie: 206,23 km²
- Abitanti: 17.543 (dati 30-4-2020)
- Densità: 85,07 ab./km²
- Nome abitanti: melfitani
- Patrono: sant’Alessandro
- Festa: 9 febbraio
Mazz e panell fann i fegl bell,
panell senza mazz fann i fegl a cap d mazz[punizioni e nutrimento rendono i figli belli,
pane e impunità li rendono testoni]

Ferragosto a Melfi
Diario di Viaggio
Ho visitato Melfi il giorno di Ferragosto. Seguendo la tradizione locale, guidato dalla mia amica Marcella e dai suoi amici, la prima parte della giornata è stata dedicata a una gita fuori porta alle Cascate di San Fele, per poi tornare nel pomeriggio a Melfi per una rapida visita, la messa per la solennità dell’Assunta e una cena tradizionale nel centro storico.
Ammetto che la visita è andata un po’ di corsa… probabilmente avrei potuto essere meno “turista” e dedicare un po’ più tempo all’arte, ma almeno a Ferragosto me la sono presa comoda. In ogni caso Melfi ti accoglie con un’atmosfera gioiosa e giovanile, nonostante lo scenario medievale del Castello e delle mura.
Orientarsi è abbastanza facile, proprio per la presenza di questi riferimenti e delle direttrici principali in cui, prima o poi, per quanto giri, devi per forza passare!
Girando (rigorosamente a piedi) per le vie del centro, siamo quindi arrivati in piazza Duomo, chiamata anche Largo Marconi, per visitare la Cattedrale e il Palazzo del Vescovado (Melfi) e anche per prendere un aperitivo! Qui, in ottobre, si svolge la Sagra della Varola, la festa dedicata al “marroncino“, la famosa castagna di Melfi.
Riguardo alla Cattedrale, vi ho raccontato tutto nel trafiletto sopra, mentre la bellezza delle mura al tramonto mentre ci si inerpica per le vie che portano al Convento dei Cappuccini potrete solo immaginarla. Dalla balconata di questa destinazione si gode un meraviglioso panorama sulla città, sotto la protezione di Maria che solleva un Gesù Bambino con le braccia aperte verso i passanti.
Tornati sui nostri passi, passando sotto la Porta Venosina, ci siamo addentrati nuovamente nelle vie del centro storico, alla volta della “Taverna del Borgo” che ci ha accolti per la serata in una piazzetta poco distante dal Castello, dove ho potuto assaporare piatti tipici lucani e, in particolare, del Vulture, come il baccalà con i peperoni cruschi.
C’è da dire che Marcella, non pienamente soddisfatta della varietà di piatti in menù, ha pensato bene di infilarsi in cucina per dire al proprietario che c’era un ospite (io) venuto apposta per provare cose tipiche e uscirne di lì a poco con un tagliere di leccornie realizzate apposta per non deludermi!
Quella sera Melfi conquistò il mio cuore!
Finita la cena. una passeggiata al castello illuminato di notte ha concluso degnamente la giornata e la visita sprint: breve ma intensa! Potevo ripartire felice per Matera, dove avevo fissato il campo base per la visita della Basilicata (in questo articolo ti racconto il mio viaggio).