Come spiegarvi il Giappone?
Viene spesso soprannominato “il Paese del Sol Levante” e per noi rappresenta “l’altra parte del mondo“. Sempre un po’ meno, a dire la verità, visto quanti europei si recano ogni anno a visitare questa terra ai confini dell’Asia.
Anche se a me piace dire che il mondo è a una fermata da Fiumicino, il viaggio verso la terra d’oriente dura comunque almeno 12 ore (senza scali).
Questi sono i momenti in cui mi domando perché ho scelto questo format per il mio blog: potrei parlarvi direttamente dei luoghi visitati in Giappone, e invece mi sento in dovere di farvi un’introduzione al Paese in generale. In questo caso lo dichiaro: per quanto io possa scrivere in questa pagina, non sarà mai abbastanza: il Giappone è di più!
Il motivo, secondo me, per cui si resta affascinati quando si atterra a Tokyo o a Osaka e si comincia a girare è la sensazione di trovarsi in un mondo così diverso dal nostro, per architettura, arte, cibo, cultura e ritmi di vita, da non avere nulla di conosciuto con cui paragonarlo: è una brutta malattia di noi europei quella di cercare di paragonare ogni cosa che vediamo con qualcosa di simile che sta a casa nostra. Qui non si può!
E non solo perché i paesaggi, i luoghi d’interesse, la natura, le piante, le case, i templi e le persone sono completamente diverse da ciò che conosciamo, ma soprattutto perché si entra in una cultura diversa che, a tratti, sembra assurda, dove l’onore, il rispetto, la gentilezza e l’attenzione per il prossimo – a volte forzate e sopra le righe, per i nostri canoni – sono alla base della convivenza e delle relazioni sociali.
Potrai fare foto o video in abbondanza, ma alla fine quello che riporterai a casa sarà la malinconia di aver lasciato un posto al di fuori dal mondo che hai sempre pensato di conoscere.
Non mi credi?
Mi saprai dire, un giorno, quanta parte del tuo cuore hanno occupato i sakura in fiore, la sagoma del monte Fuji all’orizzonte (se sarai stato così fortunato da trovare il cielo sereno), le carpe koi nei giardini dell’imperatore, i sorrisi delle geisha (è “geisha ” anche al plurale, mi raccomando), le lame dei samurai riposte sullo scaffale accanto all’armatura, le mille luci della città, il fiume di gente che attraversa la strada, il passaggio a livello che annuncia il passaggio del treno nel centro del quartiere, le macchinette distributrici praticamente ovunque, il rumore della pallina del gachapon che rimbalza nel cassettino, le mille musichette tra le stazioni, i lezzi pubblici e i passaggi pedonali, la campana suonata per dire ai kami che sei arrivato, seguito da un doppio battito di mani, l’odore dell’incenso nel silenzio del tempio, appena al di là del torii rosso che troverai sul tuo cammino.
L’ultimo inchino
Diario di Viaggio
Il viaggio in Giappone è stato sicuramente uno dei più belli che abbia mai fatto, non solo per quello che ho trovato lì, ma soprattutto per quello che ho riportato a casa: quando ti accorgi che, nel lasciare un posto, stai versando qualche lacrima, vuol dire che quel posto ti è entrato dentro.
Ho cercato di inserire tutto ciò che potevo in queste pagine dedicate al Paese del Sol Levante, ma vorrei iniziare dalla fine: permettetemi di raccontarvi questa foto speciale.
È l’omino che segnala al pilota dell”aereo le manovre per entrare in pista di decollo.
Mi aveva colpito per la velocità con cui si era rimesso al lavoro dopo un momento di fatica.
Ciò che non sono riuscito a immortalare, purtroppo, è stato il momento finale, che è arrivato come un cazzotto nello stomaco: dopo averci accompagnato in pista, camminando al fianco dell’aereo, ha abbassato le bandierine lungo i fianchi e si è inchinato verso di noi.
Quell’inchino ne ha richiamati altri cento vissuti nei 20 giorni precedenti: il capotreno che lasciava la carrozza dello Shinkansen, l’addetto alla biglietteria mentre mi porgeva il biglietto del treno, la commessa del negozio di sakè che mi salutava all’uscita, il cuoco dell’izakaya dietro il bancone dopo avergli detto quanto fosse stato tutto “totemo oishii“, la ragazza in kimono del ryokan che mi chiedeva se poteva preparare il futon, il custode dell’onsen mentre scostava le tendine per lasciarmi entrare nell’area termale, il monaco nel tempio dopo avermi preparato un goshuin a sapienti colpi di pennello, la guardia del castello dello shogun che mi indicava la via per la visita, l’anziano volontario che, con un ventilatore in mano, mi raccontava la storia del monumento, la vecchina della sala da té, che con ciotola e pennello scioglieva la polvere di matcha per la cerimonia…
Tutti quegli inchini, con l’immancabile sorriso e l’orgoglio di aver fatto il proprio lavoro nel migliore dei modi, erano contenuti nell’inchino dell’uomo delle bandierine luminose sulla pista di decollo.
L’ultimo saluto di una terra ricca di storia e tradizioni e della sua gente sorridente e generosa, che ha saputo accogliermi nei modi più inaspettati.
Ho capito perché una delle parole più note della lingua giapponese, “sayonara“, sia anche la meno usata.
Per me è stato solo un arrivederci.
Arigatō gozaimashita, Nihon
またね。
Un territorio complicato
Il Giappone è costituito da un territorio unico nel suo genere: anche se nell’immaginario collettivo è una grande isola, in realtà è un arcipelago composto da 6 852 isole. Le quattro isole principali, che costituiscono la gran parte del territorio, sono Hokkaidō (la più a nord), Honshū, Shikoku e Kyūshū (la più a sud). La forma che si vede dall’alto, ovvero una sorta di arco lungo circa 3000 km tra l’oceano Pacifico, il mare di Ochotsk, il mar del Giappone e il mar Cinese Orientale non è affatto casuale e richiede che io vi faccia un rapido passaggio sulla natura geologica di quest’area.
A totale trasparenza vi dico che ho studiato queste cose perché mi piacciono tanto e mi aiutano a spiegarmi i fenomeni a cui assisto nella vita di tutti i giorni, ma se volete una divulgazione chiara e fruibile, sicuramente migliore delle mie quattro nozioni, vi consiglio di fare una pausa e guardarvi il video realizzato da Geopop su questo argomento.
Se mi permetteste di indossare per 5 minuti il cappello del divulgatore scientifico della domenica, vi racconterei che la terra emersa del Giappone è, in realtà, il risultato dell’incontro-scontro di ben 4 placche tettoniche terrestri (se avete letto la sezione di Lallero sull’Islanda, qualcosa dovreste già immaginarla, ma qui siamo di fronte a una complessità maggiore):
- la Placca Nordamericana a nord
- la Placca Eurasiatica a ovest
- la Placca Pacifica a est
- la Placca delle Filippine a sud
Fermiamoci per una doverosa spiegazione: il mantello terrestre è uno strato di roccia fuso situato sotto la crosta terrestre. Il calore all’interno della Terra è tale che il mantello fonde formando il magma. Quando il magma si raffredda quel tanto che basta a solidificarsi, si forma la crosta terrestre che però, a causa del movimento del mantello fuso, si spacca e… si muove. Un frammento di crosta terrestre che si muove sul mantello di magma è detto placca tettonica.
Le placche principali sono 7 (Euroasiatica, Africana, Americana, Indo-Australiana, Pacifica, di Nazca e Antartica) più altre di dimensioni minori, come quella delle Filippine che interessa il Giappone.
Se due placche si scontrano, generalmente la terra si alza, come avvenne per l’Himalaya. Se si allontanano, potrebbero crearsi delle spaccature o rift, come avviene per la Rift Valley in Africa. Nel primo caso, una placca (generalmente la più densa) può muoversi verso l’interno “infilandosi” sotto l’altra e, tecnicamente, si parla di subduzione. È facile capire perché i territori come il Giappone, disposti lungo il confine tra le placche, siano soggetti a frequenti terremoti.
Se vi sembra complesso per due placche, figuratevi per 4, e considerate che quando una placca subduce, andando verso il basso, può nuovamente fondere generando magma che risale in superficie e forma nuova terra emersa. Per come sono disposte le faglie in questo particolare punto del pacifico, la forma delle terre emerse generate dal magma è, appunto, una grande C orientata verso l’Asia. Ed eccovi spiegato anche perché il Giappone è, un realtà, l’insieme di 6.852 isole, definito anche arcipelago stratovulcanico ed è il quarto stato insulare al mondo per estensione dopo l’Indonesia, il Madagascar e la Papua Nuova Guinea (l’Australia, che sarebbe la più grande di tutte, non è in classifica perché viene considerata un continente).
La scheda del Paese
- Nome originale: Nihon o Nippon
- Simbolo internazionale: JP–JPN
- Nome italiano: Stato del Giappone
- Lingue ufficiali: giapponese
- Nome degli abitanti: Giapponesi
- Capitale: Tokyo
- Governo: Monarchia parlamentare
- Moneta: Yen
- Prefisso internazionale: +81
- Fuso Orario: UTC+9
- Festa nazionale: 11 febbraio (Kenkoku Kinenbi, ossia Festa della Fondazione)
- Popolazione: 126.228.568 abitanti (dati 2020)
- Superficie: 377.975 Kmq
- …di cui acque: 0,8%
- Coste:
- ovest: mar del Giappone (che lo separa dalla Corea)
- est: oceano Pacifico
- nord: mare di Okhotsk (lo stretto di La Pérouse lo separa dalla Russia)
- sud: mar Cinese Orientale (che separa le isole Ryūkyū da Cina e Taiwan)
- Estensione costiera: 34.218 km (escluse le isole)
- Isole principali:
- Hokkaidō,
- Honshū,
- Shikoku,
- Kyūshū
- Membro ONU dal: 18 novembre 1956
Entrare in Giappone
Per entrare in Giappone è necessario il passaporto valido e il biglietto di ritorno.
Se il ritorno avviene entro 90 giorni e il viaggio è per motivi di turismo, non è necessario il visto d’ingresso.
Per accelerare le operazioni di ammissione, potete compilare il modulo nella pagina del sito Visit Japan Web. Non è obbligatorio, ma fortemente consigliato. Tenete a portata di mano il passaporto perché vi chiederà di fotografarlo per recuperare i dati.
ATTENZIONE:
Ricordate, comunque, che se avete il voucher da convertire in Japan Rai Pass, alla frontiera dovrete seguire la fila per il timbro/bollino sul passaporto cartaceo, anche se avete quello elettronico. Tranquilli: sembra complicato ma non lo è! Ecco la trafila da fare appena sbarcate in Giappone.
- Mettetevi nella fila dei “non residenti” (ci saranno diversi addetti che vi aiuteranno a instradarvi e a distribuirvi tra le possibili code): il primo passo è una postazione in cui vi faranno la foto e vi scansioneranno l’impronta digitale (non ricordo di quale dito, scusate!).
- Se avete già ricevuto il modulo per l’immigrazione in aereo (quello che vi chiede se siete qui per compiere atti criminali, per intenderci) andate a mettervi in coda per il secondo step, altrimenti fermatevi a uno dei banchetti con gli espositori e compilate il modulo. Per fare più velocemente, preparatevi prima della partenza un foglietto con gli estremi del vostro passaporto e l’indirizzo del primo hotel in cui andrete. A questo punto potete passare per la postazione in cui un ufficiale guarderà la vostra foto sul passaporto, guarderà voi (se portaste gli occhiali, ricordate di toglierli) e, se soddisfatto dal confronto, vi applicherà un bollino sul passaporto (“bollino” is the new “timbro”) che riporta la data di ingresso e il limite consentito di permanenza.
Evitate i gate automatici e passate per il bancone con il tizio che attacca il bollino fisico! Se doveste sbagliare fila o se trovaste l’impiegato zelante che per smaltire la folla vi manda al gate automatico, appena passati chiedete subito il bollino, altrimenti non potrete ritirare il JRP e non potrete scaricare l’IVA quando farete acquisti sostanziosi. - Andate a ritirare i bagagli, che – con molta probabilità – saranno arrivati e sistemati in un’area dedicata al vostro volo.
- Ultimo step: per uscire dall’aeroporto c’è un ulteriore modulo da compilare! Se avete seguito i miei consigli e avete già inserito tutti i dati sul sito Visit Japan Web, avrete in mano un foglio con un codice QR che vi permetterà di passare questa fase in pochi secondi. In caso contrario, compilate i moduli messi a disposizione (ci sono anche in inglese) e dirigetevi alle apposite macchinette.
- Siete in Giappone!
AMBASCIATA D’ITALIA a Tokyo
2-5-4 Mita, Minato-ku, Tokyo 108-8302, Japan
Tel.: 0081 (0) 3- 34535291
E-mail: ambasciata.tokyo@esteri.it e consular.tokyo@esteri.it.
Vaccinazioni
Per l’elenco delle vaccinazioni consigliate, consultate il sito del Centers for Desease, Control and Prevention.
Tra Imperatori, Shogun e Samurai!
Come vi suggerisco spesso, visitare una nazione straniera ha molto più senso se si conosce la sua storia e si riesce a contestualizzare ciò che si vede, i luoghi e i nomi dei personaggi storici coinvolti.
Per quanto riguarda il Giappone, questo aspetto è ancora più importante perché la ricchezza della sua storia è legata a doppio filo con templi, castelli, città e arte.
Potreste visitare il castello di Kyoto senza sapere chi sia Toyotomi Hideyoshi o comprendere la nascita di Tokyo senza rievocare le gesta di Tokugawa Ieyasu? Potreste apprezzare i templi buddisti e scintoisti senza conoscerne le differenze?
Probabilmente sì!
Probabilmente vivreste lo stesso e senza farvi troppi problemi… però vi perdereste davvero tanto!
Ecco perché ho preparato una sintesi (amatoriale, s’intende!) con tutti i passaggi importanti della storia del Giappone: schiacciate il pulsante e non ve ne pentirete… parola di un viaggiatore che a storia aveva la media del 4!
La bandiera
La bandiera nazionale del Giappone ne è il simbolo, insieme al fiore di crisantemo e all’inno nazionale (Kimi Ga Yo) ed è entrata in servizio il 13 agosto 1999 anche se esisteva già in epoche precedenti, ma senza una legge che la rendesse ufficiale. Fonti storiche affermano che già di daimyō e samurai utilizzassero dei vessilli che rappresentavano il sole.
Il significato è piuttosto scontato per una nazione il cui nome (Ni-Hon) significa “terra dove ha origine il sole”: il cerchio rosso in campo bianco simboleggia appunto il sole.
Ufficialmente, la bandiera prende il nome di Nisshōki (il kanji è 日章旗 e il significato è traducibile letteralmente in “Bandiera del Sole a forma di disco”).
Il popolo giapponese, però, chiama la propria bandiera Hinomaru (il kanji diventa 日の丸 e il significato si riduce a “Disco solare”).
La bandiera giapponese è frequente oggetto di discordie sul territorio, al punto che alcune correnti la considerano troppo legata a un passato da cui vorrebbero separarsi. Per gli abitanti di Okinawa, ad esempio, ricorda gli eventi della seconda guerra mondiale e la successiva presenza militare non gradita degli Stati Uniti d’America.
Una variante più scenografica viene utilizzata dalle Forze militari giapponesi: in questo caso, oltre al disco solare, sono stati aggiunti 8 raggi rossi che si espandono dal disco verso i bordi e riempiono gran parte dello spazio. Questa versione viene chiamata Hachijō-Kyokujitsuki (in caratteri giapponesi: 八条旭日旗).
Il motivo si ispira all’antico vessillo di guerra dell’Impero Giapponese in uso dal 1868
La religione
Se avete trovato complicato il Giappone per molte sue sfaccettature, non fatevi l’illusione che per la religione la situazione possa essere più semplice! A scuola ci insegnano che qui ci sono due grandi religioni: lo Shintoismo e il Buddhismo… ma non è proprio vero e ogni turista, anche quello poco attento, se ne accorge dopo poco tempo nel momento in cui cerca di classificare ogni tempio (concetto associato al buddhismo) o santuario (riferito principalmente allo shintoismo) che incontra ed entra nel regno della totale confusione!
Ma iniziamo dalle basi:
Lo Shintoismo
Il termine “shinto” è l’unione di due kami:
- shin (神) che significa “divinità” o “manifestazione divina”;
- e tō (道) che – tra le molteplici interpretazioni – significa “sentiero”.
Nel suo insieme, quindi, va interpretato come “la strada verso il divino“.
Si tratta della prima forma di spiritualità nata a livello globale in Giappone ed è legata, in particolare, ai fenomeni della natura e al culti degli antenati: prevede l’adorazione dei “kami“, ovvero presenze spirituali che possono essere legate a elementi ed eventi naturali o persone venerate dopo la loro morte, come personaggi famosi, eroi o persino familiari. I kami, quindi non vanno intesi come classici dei esistenti su un piano diverso dalla realtà , come in molte altre religioni, ma piuttosto come “guardiani” delle cose del mondo immersi essi stessi nel mondo, come ad esempio la kami Amaterasu, legata al sole, o la kami Inari, legata alla fertilità e al successo.
A “sporcare” questa visione molto naturalistica fu l’intento di creare uno Shinto di Stato per il “controllo” della popolazione, che prevedeva la centralità dell’imperatore, inteso come discendente diretto della kami Amaterasu. Questa deriva venne abbandonata nel dopoguerra quando l’imperatore dichiarò ufficialmente la sua natura non divina.
Un santuario shintoista si riconosce per la sua semplicità e nelle forme e nella struttura e può andare da dimensioni piccolissime, spesso chiamati hokura, a enormi complessi (che in realtà sono spesso l’insieme di più santuari), come nel caso del Santuario di Fushimi Inari-Taisha di Kyoto, che si estende sull’intero versante di una montagna. La caratteristica più evidente è l’immancabile torii rosso (a meno che non sia realizzato in pietra) che ne segna l’ingresso, spesso associato ai due komainu, i cani-leoni posti a guardia del luogo sacro. All’architettura ricca di simbolismi dei santuari schinto dedicherà presto un articolo, perché dietro ogni angolo c’è un mondo da esplorare!
Il Buddismo
Originario dell’India ad opera del monaco asceta Siddhārtha Gautama (Buddha) dal IV secolo, il buddismo è una filosofia religiosa tra le più antiche e diffuse al mondo. Venne introdotto in Giappone dalla Cina nel VI secolo e condizionò fortemente la cultura e la storia del Paese. Ne danno testimonianza siti storici come Nara e Kamakura.
Quando la restaurazione Meiji riportò l’attenzione sull’imperatore, legato per natura divina allo shintoismo, il buddismo perse molto del potere (anche politico) che aveva acquisito in secoli di storia, fino alla chiusura di oltre 40.000 templi. Nonostante i propositi persecutori, però, il governo dovette scendere a compromessi e cercare un equilibrio sulla spinta della fede della popolazione contadina che, oramai, era indissolubilmente legata al buddismo e non accettava di doversi convertire a uno scintoismo di stato.
Un tempio buddista in Giappone è riconoscibile anzitutto dal nome, poiché termina con i prefissi “tera/dera” (come il famoso Kyomizu-dera di Kyoto) o “ji” (come il Senso-ji di Tokyo). Il secondo vi salterà all’occhio lasciandovi interdetti, ovvero il manji (卍), una croce uncinata che qui rappresenta uno dei simboli religiosi più importanti, mentre nel resto del mondo viene associato (nella versione speculare) alla svastica nazista. Oltre a ciò, i templi buddisti si differenziano dai santuari per la presenza di un portale d’ingresso, numerose statue, tra cui i guardiani antropomorfi all’ingresso chiamati nio e, immancabilmente, la statua del Buddha e, in molti casi, una pagoda che può arrivare a 5 livelli (come quella splendida del To-Ji a Kyoto). Anche per l’architettura del tempio buddista vi sto preparando un articolo con molte curiosità e spiegazioni!
Queste due religioni, hanno convissuto per secoli in un territorio “limitato” (vuoi o non vuoi, su un arcipelago a un certo punto trovi il mare!) e, specialmente nel periodo in cui l’impero si chiuse al resto del mondo, si alimentavano reciprocamente di se stesse e si trasformavano con l’evoluzione delle proprie tradizioni, contaminandosi a vicenda.
In Giappone si usa il termine shinbutsu shūgō per indicare appunto la tendenza ad accomunare e mescolare simboli e tradizioni delle due religioni: non vi stupirà, quindi, trovare riferimenti all’una nel tempio o santuario dell’altra.
In percentuale quasi irrisoria sono presenti anche altre religioni, come il cristianesimo (in prevalenza protestantesimo e, in misura minore, cattolicesimo), l’islam e l’ebraismo. Vi ricordo che il protestantesimo aveva preso piede al tempo del commercio con i portoghesi; l’arrivo dei cattolici e le beghe che le due “fazioni” portarono in territorio giapponese è uno dei molteplici motivi che spinsero alla messa al bando delle religioni minori. Se volete ripassare un po’ di storia, non mancate di leggere questo articolo.
Gli indirizzi/rebus giapponesi
Non vi scoraggiate se per raggiungere un hotel o un’attrazione turistica dovrete annotarvi un manoscritto pieno di parole!
Gli indirizzi giapponesi sono strutturati in modo molto dettagliato e possono includere vari livelli di suddivisione, come la città, il quartiere, il chome, il numero di isolato e infine il numero dell’edificio. Questo sistema aiuta a localizzare con precisione un luogo specifico all’interno di una città ma spesso li rende illeggibili, specialmente se vanno ripetuti a un tassista. Per questo vi consiglio sempre di scriverli oppure di visualizzarli sullo schermo dello smartphone e lasciare che sia il passante do turno o il tassista a leggerli per voi.
Nel blocco precedente vi ho citato il “chome” e, se avete giocato un po’ con il territorio giapponese su Google Maps, avrete sicuramente notato anche voi scritte come 2-Chome. In Giappone, “2 Chome” (2丁目)” è una parte di un indirizzo che indica un’area specifica all’interno di un quartiere. Il termine “Chome” si riferisce a una suddivisione di un quartiere (chiamato “cho” o “machi” in giapponese). Quindi, “2 Chome” significa la seconda sezione o blocco di quel quartiere.
Il nome
Partiamo dal primo biglietto da visita di questa terra, ovvero il suo nome… e come per tutte le cose che lo riguardano, non è così immediato dare una risposta! Sì, perché il Giappone di nomi ne ha molti.
Inizialmente si chiamava Wa o Wakoku.
Vi svelo che la parola “Giappone” non è neanche una cosa voluta dai giapponesi: l’ha inventata nientemeno che Marco Polo storpiando un termine cinese che suonava all’incirca “Rìběnguó” o “Rìběn“, che, con i diversi accenti, divenne anche il Japan o Japon utilizzato rispettivamente da inglesi e francesi.
La Cina, però, non ha solo la colpa del nome internazionale storpiato, ma anche del nome ufficiale che sostituì Wa: mentre per noi Cina e Giappone sono entrambi terre d’oriente, per la Cina era il Giappone a essere una terra ancora più a est e quindi vi si riferivano come “la terra dove ha origine il sole” o, in una frase che conosciamo meglio, “il Paese del Sol Levante“.
Poiché “sole” si dice “nichi” e “origine” si dice “hon”, il nome assegnato dai cinesi fu “Nihon” e l’ideogramma kenji relativo è 日本. In seguito si utilizzò anche la variante “Nippon“, più comune in ambiente internazionale per la facilità di pronuncia e declinazione rispetto al termine con la “h” (considerate che in giapponese la “h” va fatta sentire, e anche molto, rendendo molto difficile la pronuncia di alcune parole).
Alla fine del periodo Edo, quando il potere degli Shogun tornò nelle mani dell’Imperatore (siamo intorno al 1870), il nome divenne “Impero del Grande Giappone” che si traduce in “Dai Nippon Teikoku” e durò dalla Restaurazione Maji fino alla Seconda Guerra Mondiale. In seguito si adottò il suffisso “koku”, che ha il significato di “stato”, cambiando il nome ufficiale in Nippon-koku o Nihon-koku.
Il relativo ideogramma Kenji si arricchisce quindi del suffisso:日本国
Pianificate il vostro tour
La doverosa premessa è che ogni angolo del Giappone è una scoperta meravigliosa e meriterebbe di essere visitato!
Detto questo, però, il territorio è molto grande e le risorse medie di un viaggiatore comune (quale potrei essere io) prevedono un limite al budget a disposizione in termini di denaro e di tempo . Per questo, almeno le prime volte, è necessario fare un progetto in cui ognuno definirà le proprie priorità. Se volete vedere il tour che mi sono regalato per il mio primo approccio col Giappone, vi rimando a questo articolo.
Eccovi di seguito un elenco non esaustivo delle principali città del Giappone per permettervi di fare una selezione e definire la direttrice principale del vostro viaggio: va da sé che spesso le cose più belle si trovano lungo la strada in villaggi, borghi e ambienti naturalistici, dando ragione al vecchio adagio che non sempre le dimensioni contano!
Isola di Hokkaido
È la terra più a nord, amata da chi predilige le mete naturalistiche o gli sport invernali. La capitale è Sapporo, che i più ricordano per la birra nazionale esportata nel mondo, che conta poco meno di 2 milioni di abitanti. La popolazione, però, raddoppia in occasione del Festival della Neve che dal 1950 si svolge all’inizio di febbraio.
Al di fuori della città, la regione è caratterizzata per una natura selvaggia unica nel suo genere: si contano oltre sessanta vulcani, ovvero circa il 10% di tutti i vulcani del mondo.
Isola di Honshū
È “il Giappone che ti aspetti”, quello più famoso. Si tratta dell’isola più grande su cui risiede la maggior parte della popolazione e che ospita le città più conosciute del circuito turistico principale:
- Tokyo, la capitale del Giappone, con oltre 9 milioni di abitanti e un’estensione urbana di oltre 2.000 kmq.
- Yokohama, città sul mare a due passi da Tokyo e al secondo posto in termini di popolazione (oltre 3.700.000 abitanti).
- Osaka, che oltre a essere da sempre un polo commerciale affacciato sul mare, è soprattutto sinonimo di divertimento.
- Nagoya, meno battuta delle altre destinazioni sebbene ospiti uno degli aeroporti internazionali con cui si può raggiungere il Giappone, è la città natale di Oda Nobunaga e Toyotomi Hideyoshi (se non sapeste ancora chi siano questi personaggi, potete rimediare leggendo questo articolo).
- Kyoto, la città dai mille templi che fu l’antica capitale dell’impero per più di un millennio, è il posto da cui partire per conoscere la cultura giapponese.
e tantissimi altri siti storici, paesaggistici e culturali come Hiroshima, Kōbe, Nara, Himeji, Takayama e Kamakura.
Inoltre, come dimenticare il maestoso e mistico monte Fuji (Fujiyama o Fujisan)?
Isola di Shikoku
È la più piccola delle quattro isole ma è sede del “pellegrinaggio degli 88 templi”, ina via tracciata dal monaco buddista Kūkai. Per il fatto di non avere grandi città che richiamano il turismo di massa, Shikoku è riuscita a mantenere atmosfere e architetture tradizionali del passato giapponese.
Isola di Kyūshū
È l’isola più a sud tra le quattro più grandi ed è caratterizzata da un clima sub-tropicale; per questo viene scelta spesso dagli stessi giapponesi come località di vacanza, complice la presenza di moltissimi siti geotermici e termali.
Le città principali sono abbastanza note: Nagasaki, Miyazaki, Kagoshima e – la più grande di tutte – Fukuoka.
Storicamente, si ritiene che la cultura giapponese sia iniziata qui e, durante il periodo Edo, Nagasaki fu la sola porta d’accesso al Giappone per le navi mercantili del resto del mondo.
Isola di Okinawa
L’arcipelago delle isole Ryūkyū, che comprende l’isola di Okinawa, merita una menzione anche se non fa parte delle 4 isole principali. Patria del karate, è famosa per le splendide spiagge di sabbia bianca, il clima sub-tropicale e la barriera corallina integra nonostante .
Una misteriosa regressione
Che i giapponesi siano molto riservati, è cosa nota: da più parti arriva il consiglio di non scambiarsi effusioni in pubblico perché non sono ben viste. Lo stesso “inchino”, a ben pensarci, è la forma di saluto che sostituisce la stretta di mano, ovvero il contatto fisico. Ciò che mi ha stupito, invece, è stato il modo in cui la cultura e il mondo LGBTQIA+ siano “celati” nella maggior parte del territorio che ho visitato, ad eccezione delle grandi città come Osaka, Kyoto e, naturalmente, Tokyo.
In queste ultime è stato naturale trovare anche persone transgender gestire izakaya o coppie omosessuali passeggiare in modo naturale negli splendidi giardini tradizionali. A Tokyo, ad esempio, c’è un “chome” (ovvero una “sezione” o “blocco”) del quartiere di Shinjuku, chiamato Shinjuku Ni-chōme, dove c’è la più alta concentrazione di bar e locali LGBT-friendly.
Eppure, qualcosa deve essere successo nel tempo perché al di fuori di queste “isole”, ciò che va oltre le forme e le figure “tradizionali” sembra scomparire. Parlare di “tradizione”, tra l’altro, è fuorviante perché nella storia del Giappone l’omosessualità è radicata sin dai periodi più remoti, come il periodo Edo (nel Giappone medievale, ad esempio, si stabiliva un “contratto di fraternità” per formalizzare i rapporti omosessuali tra un guerriero e un suo allievo) e si fonde con le storie dei samurai e degli shogun. La storia delle pratiche omosessuali nell’antico impero si fonde anche con quella dei monaci buddisti. Sia nella letteratura che nell’arte è molto facile trovare tracce della normalità nel trattare questi temi. Ma ad ascoltare le voci della società giapponese di oggi, vengono ancora evidenziate situazioni come il mancato riconoscimento legale, a livello nazionale, delle unioni tra persone dello stesso sesso o la discriminazione sul posto di lavoro, a scuola o in famiglia per persone appartenenti al mondo LGBTQIA+.
Come ho premesso, non è ovunque così e spesso la storia è nelle mani delle autonomie locali: alcune municipalità, infatti, hanno cominciato a introdurre sistemi di partnership per aggirare i divieti; al contempo, altre prefetture si sono mosse nel verso opposto differenziando l’età del consenso e incrementando quella per i rapporti tra persone dello stesso sesso.
Solo recentemente la lingua giapponese ha cominciato a distinguere il sesso e il genere. Eppure lo stesso mondo dei manga esplora da decenni (esportandolo nel mondo) ogni aspetto della sessualità e dell’affettività.
C’è da dire che il Giappone, a differenza di altri stati dell’Asia, non ha leggi contro l’attività omosessuale e, a parte un periodo in cui gli atti omosessuali vennero criminalizzati con una legge durata dal 1873 al 1880, oggi l’omosessualità è del tutto legale e, anzi, vigono alcune protezioni legali per le persone dichiaratamente gay.
In generale, quindi, nessuna persona queer dovrà temere di essere vittima di odio in Giappone (cretini a parte, ma quelli ce ne sono ovunque) ma, a seconda delle zone, si dovrà fare i conti con il comune senso del pudore e dell’equilibrio sociale. In generale, tutto quello che rientra nella sfera affettiva in Giappone è da considerarsi privato. Attirerà sguardi di curiosità oppure, ogni tanto, di disapprovazione, ma può star certo che troverà le braccia spalancate della proverbiale accoglienza del popolo giapponese.
IC Card
Questo riquadro è importantissimo, quindi non vi azzardate a saltarlo!!!
Tra carte di credito accettate o meno, contanti sempre richiesti, entrate e uscite in metro attraverso tornelli di diverse compagnie, acquisti continui presso i combini e le macchinette distributrici di bevande, cibi, generi di prima necessità, e tante altre casistiche, il modo migliore per semplificarvi la vita è acquistare, appena atterrati in Giappone, una IC Card.
Potreste trovarla sotto il nome Suica, Icoca, Pasmo o altri nomi, ma il funzionamento è sempre lo stesso: la ricaricate presso le stazioni e non ve ne separate MAI!
Con la IC Card potrete acquistare bevande presso le macchinette distributrici oppure pagare nei combini, ma il loro utilizzo “salvavita” si avrà quando prenderete i mezzi pubblici perché sarà strisciando la card che il sistema informativo centralizzato del “grande fratello dei trasporti nipponici” compenserà eventuali tariffe dovute per il cambio di linea o per un numero maggiore di fermate. L’alternativa, in questi casi, è passare il biglietto in una “macchinetta” (il Giappone è pieno di “macchinette”) per l’aggiustamento della tariffa prima di presentarsi ai tornelli di uscita.
Sì, lo so: sembra complesso… ed è per questo che vi consiglio di munirvi di una IC Card da tenere sempre carica con qualche migliaio di Yen! SE voleste semplificarvi ulteriormente la vita, evitate proprio di fare il biglietto: a meno che non abbiate intenzione di acquistare un abbonamento, passate direttamente la card in ingresso e in uscita e farà tutto lei, sia per la metro, sia per i bus urbani.
Se acquistate la card all’aeroporto appena atterrati, chiedete sempre se ci siano edizioni speciali: se sarete fortunati, vi riporterete un souvenir d’eccezione a tiratura limitata: io, ad esempio, atterrando a Osaka, ho rimediato una carta Icoca con pitture tipiche del periodo Edo.
Il Giappone è un arcipelago, quindi è chiaramente raggiungibile in nave o in aereo. Se come riferimento per le distanze prendiamo l’Italia, mi sembra ovvio consigliarvi l’aereo come mezzo privilegiato per raggiungere il Paese all’altro capo del mondo.
Se cercate un volo diretto, il tempo di percorrenza è di circa 12 ore per arrivare da Roma (FCO) a Tokyo (Haneda). Se volete ampliare la scelta di compagnie aeree e aeroporti di arrivo, allora dovrete accettare di fare almeno uno scalo allungando il vostro tempo di viaggio di qualche ora. In questo secondo caso, potrete scegliere di atterrare a Osaka, Nagoya o Fukuoka.
In Giappone ci sono oltre ottanta aeroporti con voli nazionali e internazionali. Ecco l’elenco dei principali con il corrispondente codice IATA:
- HND – Tokyo Haneda International Airport: è il principale aeroporto di Tokyo e il quarto nel mondo per traffico aereo (circa 87 milioni di passeggeri l’anno).
- NRT – Narita International Airport: è il secondo aeroporto di Tokyo.
- KIX – Kansai International Airport: è lo scalo di Osaka, il più grande della regione del Kansai.
- FUK – Fukuoka Airport: è il principale scalo dell’isola di Kyushu.
- CTS – New Chitose Airport: è l’aeroporto internazionale dell’Hokkaido e si trova vicino a Sapporo, la città più a nord del paese.
- NGO – Nagoya Chūbu Centrair International Airport: è situato vicino alla città di Nagoya, nella regione del Chūbu.
- OKA – Naha Airport: è l’aeroporto che collega la prefettura di Okinawa con destinazioni internazionali nell’area asiatica, come la Corea del Sud, Taiwan e Hong Kong.
Altri scali minori ma degni di mensione sono:
- KOJ – Kagoshima Airport.
- ITM – Osaka-Itami International Airport.
- SDJ – Sendai Airport.
- KMJ – Aso Kumamoto Airport.
- KMI – Miyazaki Bougainvillea Airport.
- NGS – Nagasaki Airport.
Purtroppo, molti dei siti istituzionali degli aeroporti di cui vi ho riportato i link qui sopra sono in giapponese e la traduzione in inglese è realizzata con traduttori automatici che, molto spesso, realizzano testi fantasiosi o traducono i kanji in caratteri inquietanti.
Per vostra curiosità, l’Aeroporto Internazionale del Kansai, l’aeroporto di Nagasaki, l’Aeroporto Internazionale Chūbu Centrair e gli aeroporti minori di Kobe e Kitakyūshū, sono ubicati in mezzo al mare grazie a isole artificiali o parzialmente artificiali.
Le principali compagnie aeree nazionali sono Japan Airlines e All Nippon Airways (ANA).
Talvolta, al treno può essere preferibile l’opzione bus a lunga percorrenza. Questo accade in quei territori in cui il treno non è così frequente come nel resto del Giappone oppure dove la conformazione del territorio obbliga i binari a fare percorsi più ampi rispetto al trasporto su gomma. Un esempio è quando si attraversano le Alpi Giapponesi e si vuole visitare qualche paese lungo il percorso.
Un’altra occasione per guardare all’offerta dei bus è nel caso di un budget ridotto: con il proliferare del turismo, le tariffe dei treni shinkansen e degli abbonamenti JR sono aumentate e le soluzioni su gomma possono arrivare a costare anche la metà rispetto alla soluzione su rotaia. Lo svantaggio saranno, chiaramente, dei tempi di percorrenza più lunghi.
A differenza dei treni, sui bus è sempre preferibile (a volte obbligatorio) prenotare in anticipo. Esistono diverse compagnie a seconda del territorio, quindi non vedo utile elencarle qui perché sarebbe comunque una lista parziale e in continuo aggiornamento: quando deciderete la vostra destinazione, allora potrete cercare il miglior vettore per le vostre esigenze. In questo lavoro di ricerca vi potranno assistere diverse APP, dalla classica Google Maps per Android o Mappe per Apple, senza dimenticare alcune applicazioni locali come Japan Travel di NAVTIME o la Japan Official Travel APP: nel programmare i vostri spostamenti vi suggeriranno le migliori soluzioni d’acquisto.
Quando prenotate un bus, controllate sempre se vi viene recapitato via mail il biglietto effettivo o solo un voucher che comprova l’acquisto: nel secondo caso, è necessario recarsi alla stazione dei pullman un po’ prima della partenza per ottenere il vero biglietto.
Per quanto riguarda i bus urbani, si apre un universo di linee, società e tariffe che dipende dalla città, dal territorio e dalla tratta che dovete percorrere. Se pensate di restare fissi per molto tempo in un luogo, vi lascio al piacere dello studio dei mezzi locali per poter trovare la soluzione migliore. Se invece siete continuamente in viaggio e cambiate spesso città, vi consiglio di affidarvi alla IC Card anziché perdere tempo prezioso a capire le tariffe e ad acquistare il miglior biglietto: alla fine dei conti, penso che anche il vostro tempo abbia un valore e quindi, anziché stare a contare gli spicci risparmiati, godetevi il tempo in Giappone!
Controllate se il bus che state prendendo accetta la IC Card: in caso contrario, preparate il contante. Se salendo vi viene chiesto di pagare (normalmente, in questi casi, si sale dalle porte anteriori dove il conducente ti accoglierà con un saluto e un ringraziamento) vuol dire che il viaggio prevede una tariffa fissa. Altre volte, ci saranno porte diverse tra salita e discesa con sensori diversi su cui poggiare la vostra carta: vuol dire che vi verrà calcolata la tariffa in base alla tratta percorsa.
Ricordate sempre che anche sui bus vale l’etichetta: niente schiamazzi, niente suonerie, niente telefonate ad alta voce! In diverse occasioni ho visto il conducente riprendere al microfono passeggeri troppo “fastidiosi”.
In Giappone ci sono due tipi di autobus. In uno di questi, si entra dal retro e invece della tariffa forfettaria viene utilizzato un biglietto numerato. Si esce dalla parte anteriore pagando la corsa a seconda di dove si sale e si scende. Sull’altro tipo di autobus, si entra dalla parte anteriore e si paga una tariffa forfettaria quando si sale.
Quando il bagaglio non è un problema
Uno dei servizi più interessanti presenti in Giappone è il cosiddetto “Takkyubin” o “Luggage Delivery“: alcune società si occupano di spedire i vostri bagagli da una città all’altra a costi veramente convenienti (tra i 1000 e i 2000 Yen). Se non lo aveste mai preso in considerazione, provate a immaginare come cambia la vostra esperienza di viaggio: la valigia più ingombrante si sposta tra le destinazioni principali mentre voi viaggerete comodamente in treno o bus con un bagaglio leggero (orientativamente, uno zaino o un borsone da 40 litri con il necessario per due o tre giorni può bastare).
Potete trovare questo servizio presso i combini (portate il traduttore per la compilazione precisa dei moduli, mi raccomando!) oppure presso le reception dei vostri hotel; nel secondo caso è tutto più comodo e veloce ma l’hotel può chiedervi un supplemento di qualche centinaio di Yen per il servizio.
Nella pagina dedicata al mio itinerario vi specifico anche quando ho approfittato di questa possibilità.
E per il bagaglio che porto con me, che faccio? Se non ho un albergo e voglio solo girare una destinazione devo “incollarmi” zaino, zainetto, trolley e baule della nonna? Assolutamente no! Ti pare che in Giappone ti lascino vivere un simile disagio (per te e per loro)?
Ogni stazione, dalla più grande all’ultimo buco di posto dell’arcipelago vi mette a disposizione un certo numero di “coin lockers“, ovvero armadietti di sicurezza per lasciare le vostre valigie che si bloccano e si sbloccano con soldi spicci oppure con l’immancabile IC Card. Che poi… anche se non fossero di sicurezza, sono certo che nessuno ti toccherebbe nulla, ma perché andarsela a cercare?
Vi giuro che ne ho trovati anche in posti ameni come villaggi sperduti delle alpi giapponesi presso la fermata dei bus. A Shirakawago, ad esempio, siccome il flusso di turisti è tale da saturare velocemente gli armadietti disponibili, ci sono locali adibiti alla custodia dei bagagli. Chiaramente, sono anche quelli a pagamento, ma credo sarete d’accordo con me nel dire che la comodità di visitare il villaggio liberi da bagagli non abbia prezzo!
Chiaramente, l’opzione treno va considerata solo per i movimenti interni al territorio nazionale, a meno che non stiate facendo il giro del mondo e abbiate tanto tanto tempo a disposizione. Per spostarsi nell’arcipelago nipponico, però, il treno fa una concorrenza spietata all’aereo e, il più delle volte, si rivela la scelta migliore. Questo perché le ferrovie giapponesi sono note per essere uno dei sistemi di trasporto più efficienti al mondo.
La puntualità, il servizio, la capillarità sul territorio, l’affidabilità delle vetture, la pulizia, la frequenza delle corse, la capacità delle varie compagnie di integrarsi tra di loro per non appesantire l’esperienza utente, … tutto concorre alla soddisfazione dei viaggiatori. Era dai tempi in cui facevo l’inter-rail per studenti che non avevo più questo piacere di viaggiar su rotaia!
Oltre ai treni locali e regionali, il fiore all’occhiello della rete sono i famosissimi “Shinkansen“, soprannominati anche “treni proiettile”. Le numerose stazioni, sempre efficienti in termini di servizi e disponibilità del personale, sono ben integrate anche con le reti dei mezzi di trasporto delle grandi città, come le metropolitane o i treni urbani.
Nelle aree più trafficate è possibile provvedere ai biglietti in giornata dalle immancabili “macchinette automatiche” o nelle biglietterie in prossimità delle stazioni, mentre per le zone più periferiche è consigliabile prenotare in anticipo. Lo stesso vale se si viaggia con bagaglio voluminoso per scegliere vagoni e posti più comodi per non intralciare gli altri viaggiatori.
La maggior parte del traffico ferroviario giapponese è operato dal Gruppo Japan Railways (da cui la famosa sigla “JR”), diviso in sei compagnie fra loro indipendenti.
Sulle tratte più lunghe, i treni hanno un “nome”, quindi prenotarli è più facile che doversi ricordare il numero.
Quando prendete i treni locali, fate attenzione alla tipologia: Local (fa tutte le fermate possibili della tratta), Rapid (salta alcune fermate e quindi può essere usato per arrivare prima in una certa zona per poi muoversi con un Local) e Special Rapid (come il Rapid, ma ancora più veloce e con meno fermate). La tipologia è scritta chiaramente sui led della pensilina di attesa.
ATTENZIONE: in Giappone non è prevista l’approssimazione: se c’è scritto 14.27, il treno partirà alle 14.27, quindi se siete arrivati 10 minuti prima, non vi fidate perché potrebbe essere il treno delle 14.25 che sta sullo stesso binario! Se invece siete arrivati alle 14.28, probabilmente potete salutare il vostro treno in lontananza che è partito già da un minuto! Considerate che la media del ritardo su tutta la nazione è pari a 0,6 minuti e infatti, qualora si dovesse registrare un ritardi di almeno 5 minuti, verrà prontamente rilasciato un attestato (quantomeno per essere creduti quando lo si racconterà).
Japan Rail Pass
Solo per i turisti è disponibile un pass turistico a tempo che consente di viaggiare “a volontà” su tutti i treni della linea JR e non solo. La cosa importante da sapere è che va acquistato prima di entrare in Giappone e solo da coloro che sono classificati come “Temporary Visitor“. Questo significa che, se si vuole riscattare il JR Pass una volta superata la frontiera, è necessario avere il timbro (o l’adesivo) che attesti la visita temporanea sul proprio passaporto, ovvero il visto turistico per massimo 90 giorni di permanenza.
Con il JR Pass si può salire senza limitazioni su tutti i mezzi del Gruppo Japan Railways, in particolare gli shinkansen a eccezione delle linee Nozomi e Mizuho. Inoltre sono inclusi:
- i trenini delle linee JR Yamanote Line e Chuo/Sobu Line di Tokyo;
- le navette JR da e per gli aeroporti salvo espressa esclusione;
- il Narita Express per l’aeroporto di Narita e la Monorail per l’aeroporto di Haneda;
- il treno Haruka per l’aeroporto del Kansai (Osaka);
- il traghetto JR che collega l’isola di Miyajima alla costa di Hiroshima;
- le linee locali dei Bus JR nelle principali località turistiche.
Una delle cose belle del Giappone è che le indicazioni sono fatte in modo che, anche graficamente, ti aiutino a capire cosa hai davanti: in questo caso, al 90%, la presenza di un logo “JR” su una stazione o alla fermata di un autobus implica che sia incluso nel JR Pass.

JR Pass cartaceo
Il JR Pass può essere acquistato nei tagli da 7, 14 o 21 giorni. Il prezzo non è tenero, quindi il mio personale consiglio è di stabilire prima un programma di massima e provare a pianificare gli spostamenti con biglietti acquistati singolarmente e puntualmente. Quando sarà disponibile il piano completo, confrontate i costi delle due soluzioni e, se non sono troppo diverse, optate per il Pass: quest’ultimo, infatti, offre una comodità in più rispetto ai biglietti puntuali che è la flessibilità di poter scegliere quando e come spostarsi cambiando i programmi anche all’ultimo momento. Una soluzione intermedia tra il Pass globale e i biglietti singoli sono gli abbonamenti per una particolare regione, ovvero le soluzioni offerte dalle compagnie locali del Gruppo JR (ad esempio JR East, JR Central e JR West).
Se voleste sapere come ho sfruttati io il JR Pass per 14 giorni, non mancate di leggere la pagina dedicata al mio itinerario!
Se acquistate il JR Pass tramite uno dei siti ufficiali oppure tramite un’agenzia di viaggio italiana, dopo qualche settimana vi arriverà a casa il voucher da portare con voi e convertire in titolo di viaggio appena superata la frontiera n aeroporto oppure presso gli uffici JR nelle principali città. In aeroporto sono organizzati per agevolare l’operazione, quindi il mio consiglio è di farlo subito. Non vi preoccupate se pensate di attivare il pass dopo qualche giorno dal vostro arrivo per sfruttarlo meglio: basterà comunicare allo sportello la data di attivazione effettiva.
Per non farvi intimorire dal primo impatto con l’efficienza dell’operatore dello sportello, ma anche con la terribile pronuncia inglese (non è colpa loro: è il loro alfabeto fonetico che gioca brutti scherzi) vi consiglio di portare un foglio da consegnare su cui avrete scritto:
- nome, cognome e nazionalità;
- numero di passaporto;
- nome e indirizzo del primo albergo (da spacciare come contatto in Giappone, anche se non vi fermerete);
- data di attivazione del JR Pass;
- lista dei treni che avete programmato di prendere.
Se non c’è troppa fila, l’operatore vi stamperà i biglietti che avete indicato nella lista: nel prepararla verificate sulle APP preposte gli orari e i codici dei treni.
Attenzione!
Ciò che vi verrà rilasciato, sebbene sia costato da 300 a 800 euro a seconda dei tagli, è un rettangolino di carta fragile e indifeso: portatevi o procuratevi immediatamente un portatessere per difenderlo dalle intemperie, dall’umidità, dagli strappi violenti, dall’usura e dagli sbalzi d’umore perché se lo perdete o lo danneggiate sono affari vostri! Vi assicuro che con il caldo e l’umidità di agosto, dopo essere passato per il mio sudore e per le piogge della coda di un uragano, quando estraevo il mio JR Pass per entrare nella metro di Tokyo, ultima tappa del mio viaggio, sembrava di giocare con la cartapesta, tanto che evitavo di inserirlo nelle feritoie dei tornelli ma lo mostravo religiosamente ai controllori dei gate, quasi fosse un lasciapassare del Vaticano per accedere alla necropoli!
A proposito del Giappone
Il Giappone visitato da Lallero
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Il castello di Himeji, noto come Castello dell’Airone Bianco, è una fortezza risalente a quattrocento anni fa.
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Parti da qua se vuoi vedere quali tappe ho toccato nel mio giro in Giappone!
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Kanazawa, nella prefettura di Ishigawa, è una splendida città moderna tra il mar del Giappone e le alpi giapponesi, famosa per il pesce fresco, la lavorazione dell’oro e le tradizioni dei samurai e delle geisha.
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Kobe è una città storica del Kansai, famosa per il suo passato di porto commerciale. Oggi è una città moderna celebre per la carne pregiata.
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Il vero nome dell’isola è Itsukushima, ma è chiamata Miyajima perché significa Isola del Santuario. Si trova a poca distanza da Hiroshima.
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La città di Nara fu capitale dell’impero e ospita ancora oggi reperti del periodo che prende il suo nome. A custodirla ci sono i cervi sacri.
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Osaka è una città divertente e aperta alle novità. Il nome vuol dire “grande pendio” e si riferisce al luogo in cui oggi sorge il castello.
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Shirakawa-go è un villaggio storico sui mondi del Giappone centrale, caratterizzato da case tradizionali con i tetti in paglia.