In bocca al lupo!

Da Romolo e Remo ai detti popolari: la storia della lupa di Roma.

by Nemo
La lupa

La lupa di Roma

La lupa di Roma è più che una leggenda: è storia, è arte, è tradizioni, è cultura… è diventata parte della tradizione popolare di tutti, romani e non, al punto che esiste un modo di dire molto utilizzato che trae origine proprio da questo mito.

In bocca al lupo!

…e qui arrivano i dolori: tu che stai leggendo, sei davvero certo di sapere come rispondere?

Ma partiamo dall’inizio!

La leggenda di Romolo e Remo

Siamo al tempo dell’Antica Roma. Rea Silvia, discendente di Enea, divenne vestale, ovvero una sacerdotessa addetta al culto della dea Vesta (la versione romana della dea greca Estia), protrttrice del focolare domestico.

La vestale era custode del fuoco sacro e legata allo stato di verginità come stato sacrale. Reclutate quando erano ancora bambine, le sacerdotesse di Vesta erano il modello della mater familias. Potremmo dire oggi che era come un sacerdozio di esclusiva competenza femminile. Nel caso di comportamento non onorevole, le vestali ricevevano punizioni molto severe (dalla fustigazione all’essere sepolte vive) dato che, secondo la mentalità romana, la loro trasgressione avrebbe compromesso il buon andamento dello stato.

Avvenne che Marte, dio della guerra , si invaghì di Vesta e la prese con violenza in un bosco. Da questa unione, nacquero due gemelli, Romolo e Remo.

Poiché alle Vestali che non rispettavano il voto di castità toccava in sorte una morte violenta, Rea Silvia fu seppellita viva. Ma il fiume Aniene, in cui il corpo era stato gettato, la resuscitò, avendo pietà di lei

Nel frattempo, il padre di Vesta e nonno dei gemelli, Numitore, fu scacciato dal trono di Alba Longa dal fratello Amulio. Per evitare che i nipoti, una volta adulti, potessero rivendicare il trono usurpato, Amulio ordinò ad un suo servo che fossero uccisi e gettati nel Tevere.

Il servo non ebbe il coraggio di ucciderli e si limitò a deporli in una cesta e che affidò alle acque del Tevere lasciando che se li portasse via. La cesta si incagliò sulla riva del fiume, alle pendici del colle Palatino, dove fu trovata da una lupa che trascinò i bimbi nella sua tana e se ne prese cura come se fossero i suoi cuccioli. La leggenda, ripresa poi dalle raffigurazioni più che famose, narra che li allattò lei stessa.

Il resto del racconto lo conosciamo: il pastore Faustolo trovò i ragazzi e, con sua moglie Acca Larenzia decise crescerli come propri figli. I due tornarono nel mondo umano e diedero l’avvio, tra sogni e dissensi, alla gloria di Roma e alla dinastia dei suoi re… ma questa è un’altra storia!

La tradizione popolare e gli scongiuri

La lupa e i gemelli

In bocca al lupo!

Lo si dice quando si augura la buona sorte a qualcuno (il lupo è sicuramente più contento della triste sorte toccata alla balena, ma di questo parleremo un altro giorno…), al pari di un sortilegio che dovrebbe attirare la fortuna o scacciare la iella! Per completare il sortilegio, però, il nostro interlocutore deve dare una risposta precisa… e qui arrivano i dolori, perché il mondo si divide tra chi risponde “Crepi il lupo!” e chi preferisce “Viva il lupo!”.
Noi di Lallero abbiamo fatto la nostra scelta di campo e vi spieghiamo perché!

Molti dizionari dei “modi di dire” fanno risalire questo scongiuro al modo in cui si augurava la fortuna ai cacciatori, che quindi rispondevano “Crepi!” (sempre il povero lupo). Ma a noi non convince troppo: perché come augurio a te che vai a cacciare dovrei sperare che tu finisca nella bocca di un lupo? Dov’è la buona sorte? E se stessi andando a caccia in un bosco senza lupi? E se invece mi beccasse un cinghiale?!?

È vero che dall’alba dei tempi il lupo è stato il simbolo del pericolo… chiedetelo alla povera Cappuccetto Rosso! Ma a noi romani piace legare questa espressione alla storia di una lupa che salva 2 gemelli dalle acque del Tevere, risparmiandogli una morte certa. E non avendo zampe con dita prensili, l’unico modo per farlo è prenderli con la bocca, proprio come fa con i suoi cuccioli!
Quindi, il lupo (o la lupa) che ti “prende con la sua bocca” non ti vuole sbranare, ma salvare da un pericolo. E quindi ha più senso, se si vuole augurare il meglio a qualcuno, sperare che sia salvato dall’imprevisto, così come Romolo e Remo per “bocca” della lupa.

A questo punto chiedo chi di voi vorrebbe augurare la morte a chi ti salva!
Ecco perché, all’augurio “In bocca al lupo!” mi piace rispondere

Viva il lupo!“.

Sarà pure storicamente errato ma per quanto mi riguarda, semplicemente, ha più senso.

Curiosità

L’antro della lupa era il leggendario Lupercale ai piedi del colle Palatino, ovvero una grotta, poi divenuta santuario, dove i Romani veneravano il dio Luperco (Faunus lupercus). La grotta, situata presso le mura del palazzo di Aurelio, tra il Tempio di Apollo Palatino e la Basilica di Sant’Anastasia al Palatino, all’altezza del Circo Massimo, e si trova a 16 metri di profondità.

La leggenda alternativa

Un fatto storico, un po’ meno poetico, è l’origine della parola “lupanare“: era un modo alternativo di chiamare il bordello.

Se si vuole affondare la leggenda in radici storiche e popolari più aderenti alla realtà, quindi, una lupa che allatta Romolo e Remo potrebbe avere origini da una storia di miseria e altruismo, che vede i due trovatelli allattati dalla prostituta che un dì li trovò abbandonati in una strada di Roma.

Romolo e Remo
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