La bellezza è l’irradiazione della verità
La bellezza è l’irradiazione della verità
Il simbolo indiscusso di barcellona!
Avevo 17 anni la prima volta che alzai gli occhi verso il cantiere della Sagrada Familia: si stavano innalzando le torri esterne, che credevo essere quelle più alte… una trentina di anni dopo sarei stato smentito. Ero con amici, in uno dei tipici “viaggi della speranza” che si fanno quando sei studente e devi far quadrare i conti: 36 ore di viaggio di treni e trenini per arrivare da Roma al campeggio alle porte di Barcellona!
Per tutti noi, tranne uno, ci trovavamo al cospetto di qualcosa di eccezionale, ma come in ogni favola che si rispetti, c’è sempre il “saggio” che deve rompere le scatole! Secondo lui, questa storia del tempio in costruzione dal 1882 che deve andare sempre più in alto e non si saprà quando terminerà (eravamo negli anni ’90 e nessuno poteva ancora scommettere sulla fine dei lavori nel 2026) ricordava troppo la storia biblica della Genesi che racconta della Torre di Babele. In quelle pagine, gli uomini volevano costruire una torre che toccasse il cielo come sfida allo stesso Dio. Il rovinoso risultato fu la dispersione degli uomini e la divisione linguistica sulla Terra.
Non so se anche Gaudì pensò a questa similitudine. Fatto sta che decise di limitare l’altezza massima delle torri della Sagrada Família (guglie comprese) a 1 metro al di sotto dell’altezza del Montjuïc. Secondo l’architetto, infatti, il lavoro umano non doveva superare quello di Dio.
Devo aggiungere che il “saggio” in questione era il ragazzo di colei che poi sarebbe diventata mia moglie, quindi siamo a posto così!
In verità, la storia di questo cantiere è un po’ diversa da quella della Torre di babele, sia per gli scopi che per le dinamiche, anche se ci sono dei punti di contatto per quel pizzico di arroganza che si può ritrovare nei progetti visionari e autocelebrativi che si sono avvicendati nel tempo.
Tutto partì dall’idea di un libraio, Josep Maria Bocabella, che decise di farsi promotore della costruzione di un tempio di espiazione dedicato alla Sacra Famiglia. La zona scelta, chiamata Eixample, nella seconda metà del 1800 era immersa nella campagna in quanto considerata periferia di Barcellona (sappiamo bene l’evoluzione urbanistica che ebbe successivamente la zona, tanto da spostare il “baricentro” della città rispetto al nucleo originale).
Bocabella era spinto all’azione da un sacerdote che, nel 2004 sarebbe diventato San Giuseppe Manyanet y Vives. Egli, a sua volta, aveva fondato la congregazioni dei Figli della Sacra Famiglia e delle Figlie della Sacra Famiglia, delle organizzazioni rivolte ai giovani con lo scopo di diffondere il culto, come si deduce dalla costante nel nome, della Sacra Famiglia. Furono loro il canale di raccolta dei fondi per la costruzione della nuova chiesa.
I lavori iniziarono il 19 marzo 1882 e, anche se nei sentimenti collettivi, questa resterà per sempre l’opera magna di Antoni Gaudì, è doveroso dire che vi si sono alternati ben 9 architetti, tutti capaci e portatori di idee innovative.
Inizialmente, i lavori furono affidati all’architetto Francisco de Paula del Villar y Lozano, con un progetto di classica cattedrale neogotica (avete presente, quelle con le guglie e i contrafforti esterni, tipo Notre Dame de Paris e il duomo di Milano). A causa di screzi di vario tipo, Villar si dimise circa un anno dopo e l’incarico fu affidato a un giovane architetto non troppo conosciuto di appena 31 anni… un certo Antoni Gaudì che decise di rivedere la maggior parte della progettazione e ridisegnò, nel tempo, l’intera struttura. A dirla tutta, c’era in lui la tendenza a seguire le intuizioni man mano che si manifestavano e così i progetti, i dettagli e le forme variarono nel tempo via via che Gaudì prendeva consapevolezza dell’opera magna che stava realizzando: gli dedicò 40 anni di lavoro ma riuscì a realizzarne solo una minima parte, gettando però le basi a qualcosa di unico nel suo genere.
Forte anche degli altri esperimenti che aveva realizzato al di fuori della Sagrada Familia, Gaudì trasformò le forme neogotiche originali in movimenti fantasiosi che somigliavano più a castelli di sabbia. Aggiunse elementi di fantasia, animali, piante e altre cose che non ti aspetti di trovare sulle mura di una chiesa. D’altronde, chi ha visitato altre opere architettoniche di Gaudì come Parc Guell e Casa Batlò sa già che l’artista prendeva spesso la natura a modello per i suoi disegni. Creò giochi di luce e di colori inserendo ceramiche in netto contrasto con il color sabbia che domina la struttura per dare risalto a scritte o disegni che, nella parte alta, non si sarebbero neanche notati.
Vi sarà facile comprendere come la questione finanziaria era tutt’altro che secondaria. Fu così che nel 1895 nacque un consorzio chiamato Junta Constructora del Templo Expiatorio de la Sagrada Familia con lo scopo di procurare fondi da donazioni e finanziamenti pubblici per sovvenzionare l’opera.
Aveva appena terminato la facciata della Natività, che un incidente con un tram cosò la vita a Gaudì. Era il 1926 e il fatto che delle parti fossero in una fase più avanzata di altre viene letto da molti come il tentativo di Gaudì di lasciare una memoria, avendo realizzato che non avrebbe visto la fine del cantiere.
Dopo Gaudì si sono avvicendati altri architetti, come Francesc Quintana, Isidre Puig i Boada e Lluís Bonet i Garí, Dal 1983 è alla direzione dei lavori Francesc Cardoner. Man mano che il tempo passava, il progetto dipendeva in modo sempre più stretto dalle donazioni, e questa è stato uno dei motivi del prolungarsi dei lavori. L’incendio che ci fu durante la Guerra Civile Spagnola distrusse la maggior parte dei disegni di Gaudì: questo permise ai nuovi architetti di rimodellare, ridefinire e, in alcuni casi, rimodernare le linee tracciate precedentemente, pur mantenendo lo spirito e la forma indirizzate da Gaudì.
Per questa ragione, osservare gli esterni della chiesa da un lato all’altro è un viaggio tra le arti in cui nulla è scontato.
Le forme, da sole, non sarebbero bastate: per rendere tutto più magico, ci fu uno studio unico dei colori, tra vetrate colorate e luci artificiali. Il viaggio nelle sensazioni, una volta entrati, s gioca anche nelle atmosfere ricreate lungo la navata, il cui tetto è sostenuto da colonne che ricordano gli alberi di un bosco che si ramificano fino al soffitto in un gioco, appunto, di forme e di colori.
Ma immagino che sarete stanchi di sentirmi parlare di architettura, anche se per me è affascinante… potrei raccontarvi, ad esempio di come Gaudì realizzò dei modelli in scala a cui appese corde e contrappesi per verificare l’efficacia delle strutture e, in particolare degli archi, ma non voglio annoiarvi, quindi ora ci buttiamo nella scoperta dei dettagli della chiesa, ma con una premessa: per quante cose io vi possa raccontare in queste pagina, non saranno mai abbastanza rispetto ai dettagli che vedrete dal vivo e non riuscirò mai a rendervi la meraviglia che proverete al cospetto di questa opera unica al mondo!
Il 7 novembre 2010, quando ebbe finalmente un tetto, il Tempio Espiatorio della Sacra Famiglia, che in spagnolo è il Templo Expiatorio de la Sagrada Familia oppure Temple Expiatori de la Sagrada Família secondo la pronuncia catalana, è stato elevato al rango di basilica minore da papa Benedetto XVI.
I lavori di completamento sono previsti per il 2026, a 100 anni dalla morte di Gaudì.
Siccome gli anni passano e ciò che sembra lento evolve con una rapidità inaspettata, per i più curiosi lascio il link della storia cronologica della costruzione della basilica: la trovate sul sito ufficiale sagradafamilia.org in questa pagina qui. Noterete come negli ultimi anni la velocità di costruzione è aumentata: non si tratta di pigrizia dei primi architetti, chiaramente, ma delle nuove tecnologie, in particolare la stampa 3D, che hanno reso la realizzazione più agile (ma non meno impegnativa).
I punti di riferimento esterni
Poiché c’è da perdersi dietro alle descrizioni di questo tempio, eccovi gli elementi principali che vi permetteranno di orientarvi esternamente durante la visita. Per gli interni, ci vediamo più avanti nel testo…
Le torri
In totale saranno 18:
- 12 torri per gli apostoli, distribuite sulle 3 facciate alte tra i 120 e i 125 metri.
- Una torre per Maria.
- Una torre per Gesù, che sarà alta 172 metri (compresa la guglia a forma di croce), rendendo il Tempio Espiatorio della Sagrada Familia la chiesa più alta del mondo.
- 4 torri per gli evangelisti, alte 135 metri, che circondano quella di Gesù.
Qualcuno si starà domandando come fanno a esserci 12 apostoli se abbiamo sicuramente tolto Giuda Iscariota (leggerete il nome di Giuda tra le torri della Facciata della Natività, ma si tratta di Giuda Taddeo) e abbiamo collocato Giovanni e Matteo tra gli evangelisti. Semplice: 3 posti liberati sono stati occupati da Paolo (detto “apostolo dei gentili”), Barnaba (compagno di Paolo e annoverato tra gli Apostoli, pur non facendo parte del gruppo dei 12) e Mattia (il primo apostolo scelto in sostituzione di Giuda Iscariota).
Su ogni torre c’è la statua del santo a cui è dedicata.
Ogni statua è stata realizzata con lo stesso stile della facciata sottostante
Le facciate
Ci sono 3 facciate, arricchite con statue, a rappresentare scene bibliche che ruotano attorno a uno specifico tema:
- La Facciata della Gloria, che è l’ingresso principale da cui parte la navata centrale
- La Facciata della Natività, che è l’ingresso alla sinistra dell’altare.
- La Facciata della Passione, che è l’ingresso alla destra dell’altare.
La Natività e la Passione rappresentano le facciate con gli ingressi laterali che immettono direttamente nel transetto, ovvero la navata trasversale che forma il braccio corto della pianta a croce. Su ciascuna facciata svettano 4 delle 12 torri degli apostoli.
I portali
I 3 portali realizzati nella Facciata della Natività sono dedicati alle 3 virtù teologali:
- Il Portale della Fede.
- Il Portale della Speranza.
- Il Portale della Carità.
Non starei neanche a dirvelo…
Ma seriamente devo avvisarvi che se non prenotate in anticipo, rischiate di restare ore in attesa fuori dall’edificio in file interminabili che ruotano intorno all’edificio? Considerate che è possibile restare in fila anche col biglietto in mano, quindi non rischiate!
Ci sono tanti chioschi, agenzie, app o siti che vi permettono di prenotare in anticipo, ma se volete risalire alla fonte, il sito ufficiale è sagradafamilia.org. Qui troverete informazioni, biglietti, tour e persino uno spoiler dello shop interno del museo.
Ci portiamo avanti…
Credo sia un caso unico nella storia il fatto che una parte di un edificio ancora in costruzione sia già stato identificato come Patrimonio dell’Umanità. Nel 2005, infatti, l’UNESCO ha iscritto la Facciata della Natività e la Cripta della Sagrada Familia nel proprio elenco di opere d’arte.
Il centro della chiesa
Eccovi una perla da andare a cercare quando sarete di fronte all’altare.
All’incrocio tra la navata principale e il transetto, c’è una delle sorprese di Gaudì: in quello che è il centro ideale della chiesa, ma più in generale il punto d’incontro dei due bracci della croce rappresentata dalla pianta dell’edificio, l’architetto ha fatto incastonare nel pavimento un mosaico con le iniziali stilizzate di Gesù, Giuseppe e Maria.
Questo punto è anche il centro della torre di Gesù Cristo.
Lo stesso monogramma è presente nell’abside, tra l’altare e la sede del celebrante. Al di sopra è posta la torre della Vergine Maria.

Rosy, Gaudì e l’effetto WOW
Diario di viaggio
Entrai per la prima volta nella Sagrada Familia nel 1988.
In realtà “entrai” non rende l’idea, perché di fatto attraversai il Portale della Carità trovandomi, oltre la Facciata della Natività… in un grande cortile! Eh, già: non ricordo se fossero già iniziati i lavori per la copertura della volta, ma ricordo benissimo che vedevo il cielo e che non mi fu chiaro come sarebbe stata disposta la chiesa. Pensai addirittura che la navata centrale avrebbe occupato lo spazio che oggi so essere il transetto. Restai affascinato dalle forme, dalle statue già collocate e dagli inserti che ogni tanto scorgeva, come rane, camaleonti e altre amenità che non riuscivo a collegare al concetto di chiesa. Pensai: “WOW!”
Le prime 4 torri erano già state completate, ma non vi si poteva salire poiché erano ancora in corso i lavori per ultimare la facciata e le mura di cinta.
Tornai a Barcellona 2 anni dopo, nel 1990, ma non entrai perché – pensavo – “cosa mai poteva essere cambiato?” E poi ero in vacanza con amici, avevo 17 anni e lo stato di avanzamento del cantiere di una cattedrale mi andò automaticamente in spam!
Fu solo nel 2004, cogliendo l’occasione di una rimpatriata con i colleghi di Accenture conosciuti a Chicago un paio di anni prima, che salii per la prima volta sulle torri. Ho ripetuto questa esperienza nel 2015, in viaggio con la mia famiglia, e non fu emozionante come la prima volta. Mi spiego: mentre la seconda volta dovemmo scegliere una torre su cui salire utilizzando uno degli ascensori installati nel frattempo e affrontammo la discesa per le scale restando da quel lato della facciata, nel 2004 l’accesso alle torri era pressoché “selvaggio”, nel senso che si poteva salire a piedi e seguire i percorsi passando da una torre all’altra, scoprendo anfratti e punti di vista unici (peccato non aver avuto ancora la tecnologia di ripresa che c’è oggi!).
Mi stupì il fatto che, anche ad altezze considerevoli, non ci fossero reti di protezione o cose simili, ma ci si fidasse dello spessore dei muri e dei parapetti. Quando passai sul ponte che collega le due torri centrali e vidi davanti a me la città, non potei non esclamare “WOW!“.
La visita che ricordo con maggior emozione è stata quella di giugno 2012. Rosy era fisicamente provata dalle terapie e passò la maggior parte del viaggio in sedia a rotelle, nonostante si sforzasse, come sempre, di godersi ogni cosa bella che ci capitava: era lei che aveva prenotato in anticipo i biglietti per vedere tutte le principali opere di Gaudì. Mi permise di scoprire cose che da solo, nelle altre tre volte, non avevo visto per inerzia o per ignoranza.
Eravamo appena stati alla Casa Pedrera e con noi c’era la nostra amica Alessia, che in quel viaggio ci aiutò molto ad alleviare le difficoltà logistiche di Rosy. Nessuno di noi poteva immaginare che 6 mesi dopo il cancro ce l’avrebbe portata via.
Ma, con la serenità di chi ha avuto molto tempo per affrontare e rielaborare quel che venne dopo, so che non sarebbe cambiato niente se l’avessimo saputo: la filosofia di Maria Rosaria è stata sempre quella di vivere il momento, di scegliere la felicità nonostante tutto.
Dopo aver visto Parc Guell, Casa Batlò e Casa Milà avevamo chiaro come Gaudì si lasciasse ispirare dalla natura, ne copiasse le forme e le rendesse armoniche con le esigenze dell’uomo. Avevamo studiato i suoi particolari, come le maniglie, le finestre, le colonne inclinate e tanti altri dettagli. Cosa mai avrebbe potuto stupirci entrando anche nella Sagrada Familia?
Per Rosy era la prima volta, ma per me era al terza. Nel frattempo era stato completato il tetto con la volta.
Quando entrammo ci fu un momento di silenzio che bloccò tutti e 3: sembrava di essere in una foresta, con colonne ramificate di pietra massiccia, ma allo stesso tempo sembravano piegate ad assecondare un vento suggerito dalle forme della pietra stessa… e poi quel movimento dato dalla luce del sole che attraversava le vetrate colorate… e poi il silenzio, nonostante la folla.
Al centro, in fondo, c’era quel Cristo che, anziché volare fiero come un supereroe, cadeva verso il basso appeso alla croce, schiacciato dalla gravità e dalla sua condizione umana. Incrociammo, di fronte a noi, gli occhi di Giuseppe che lo guardava compiere il gesto estremo con la fierezza e la tenerezza di un padre.
A farmi risvegliare fu solo la flebile voce di Rosy che, accanto a me, sussurrò : “Un genio!“.
Si riferiva a Gaudì, chiaramente.
Per quel che mi riguarda, mi ritrovai per la terza volta nel giro di 14 anni a pensare: “WOW!“



La facciata della Natività
Già al primo sguardo si vede che è la facciata più datata, la prima a essere stata realizzata. È orientata a NORD-EST.
Su di essa svettano le 4 torri campanarie dedicate agli apostoli Barnaba, Simone, Giuda Taddeo e Mattia. L’apertura è composta dai 3 portali dedicati alle virtù teologali di Fede, Carità e Speranza: tra essi, 2 coppie di angeli suonano trombe per annunciare la lieta notizia al mondo. Gaudì partì dallo stile neogotico per infilarsi in qualcosa di nuovo, artisticamente unico e originale. La facciata ricorda un castello di sabbia in costruzione, dove le figure sembrano emergere dagli anfratti per dar vita a scene evangeliche della nascita e infanzia di Gesù, a partire dall’annunciazione. Al centro, in primo piano, la Santa Famiglia con Gesù bambino. Tra i tre portali ci sono due colonne che poggiano su due tartarughe, simbolo di ciò che non muta (nella cultura cinese simboleggiano addirittura la stabilità del cosmo). Per darvi un’idea della meticolosità del progetto, la tartaruga che sta dal lato del mare è una specie marina, mentre quella posizionata dal lato della montagna è una tartaruga terrestre. Contrapposta a questa stabilità c’è il continuo mutare del mondo e della natura, simboleggiato da due camaleonti ai lati del portico.
Le sculture sono opera di Carles Mani, Llorenç e Joan Matamala, su disegni di Ricard Opisso, il cui volto venne utilizzato da Gaudì come modello per uno degli angeli trombettieri. Le sculture degli angeli che suonano intorno al presepe centrale sono state realizzate successivamente dallo scultore giapponese Etsuro Sotoo.
Aguzzando la vista, sul pilastro principale troverete un rilievo con il nome di Gesù, mentre sulle colonne laterali quelli di Giuseppe e Maria. Un’altra curiosità, non usuale sulla facciata di una chiesa cattolica, è la presenza di alcuni segni dello zodiaco.
Il portale centrale, chiamato della Carità o dell’Amore Cristiano, ricorda l’ingresso a una grotta, per richiamare quella di Betlemme della tradizione popolare. Nella colonna centrale che divide il portale c’è il serpente dell’Eden che sale dal basso e tutta la genealogia di Gesù, come descritta nei vangeli.
Nella parte alta si rivela tutta la devozione di Gaudì per la Vergine, in quanto occupa il posto d’onore la scena dell’Incoronazione di Maria per mano di Gesù. Tutto intorno, nell’intera facciata, c’è la natura che partecipa alla gioia della Natività sottoforma di animali e piante che emergono dalla roccia.
C’è anche un bellissimo omaggio a San Giuseppe che, nella zona del Portale della Speranza, guida una barca che sembra entrare in una grotta: ci si riferisce al fatto che l’artigiano sia stato proclamato Patrono della Chiesa Universale nel 1870 e quindi guida la barca della Chiesa facendole luce con la lanterna posta sulla prua.
Il Portale della Fede, infine, raccoglie altre scene del vangelo oltre a immagini e simboli relativi ai principali dogmi cristiani. Divertitevi a cercarli e riconoscerli.
Nella parte alta, tra le torri centrali, svetta un cipresso, simbolo dell’Albero della Vita, riparo per le colombe e sormontato da un Tau rosso, prima lettera del nome di Dio in greco, che è fasciato da un nastro messo a “X” e su cui è poggiata una colomba: il Tau rosso, il nastro dorato e la colomba rappresentano la Trinità.
Gaudì realizzò questa facciata per prima, sia perché era la più ricca, artisticamente parlando, sia perché la sua armonia ed eccentricità avrebbe attirato i consensi necessari alla prosecuzione dei lavori: probabilmente immaginava che la spigolosità della seconda facciata avrebbe destato qualche perplessità. Morì dopo aver visto il completamento della sole torre di San Barnaba.
La facciata della Passione
Il nome completo di questa facciata dovrebbe essere Facciata della Passione e della Morte. È orientata a SUD-OVEST ed è sormontata dalle torri dedicate a Filippo, Bartolomeo, Tommaso e Giacomo il Minore.
Una delle paure di Gaudì era che spaventasse le persone e, in particolare, i finanziatori. Così la iniziò a costruire in un secondo tempo rispetto a quella della Natività, che avrebbe portato più consensi.
Solo nel 1988 venne incaricato Joseph Maria Subirachs della realizzazione delle statue. Le figure che vennero prodotte erano stilizzate, spigolose a tratti inquietanti.
L’atrio è composto da colonne inclinate che, conoscendo lo studio di Gaudì per l’anatomia, ricordano le ossa del costato di Cristo, attraverso le quali è possibile vedere un susseguirsi di scene legate alla Passione di Cristo, dall’Ultima Cena fino alla Morte e Sepoltura. La sequenza forma una sorta di “S” rovesciata.
Come nella Cripta e nella Facciata della Natività, a rivestire un ruolo importante sono l’Alfa e l’Omega.
A questo punto potrei descrivervi ogni singola scena, ma il bello, secondo me, è lasciarsi trasportare dallo sguardo e scoprirle personalmente, restando ammaliati, nel momento in cui riuscirete a dare il nome a ogni personaggio, di come l’artista sia riuscito a dare movimento ed emozione a una pietra che al primo sguardo sembra adorna e spigolosa.
Voglio solo darvi alcuni suggerimenti di cose da non perdere, come il bacio di Giuda, la disperazione di San Giovanni, la tristezza di Pietro, fino alla mesta sofferenza del mezzo volto di Cristo che emerge dalla colonna della flagellazione.
Anche in questa facciata sono state inserite figure che, all’apparenza, non c’entrano nulla, come animali e decorazioni, come elementi ambigui che potrebbero essere ricondotti all’esoterismo o al paganesimo, come il “quadrato magico” accanto a Gesù e Giuda, in cui la somma di ogni combinazione di 4 tessere simmetriche (quindi, oltre alle classiche righe orizzontali, verticali e diagonali, anche i 4 angoli, le 4 tessere del centro, le 2 tessere estreme delle 2 righe centrali e delle 2 colonne centrali) dà il numero 33, ovvero gli anni di Cristo al momento della morte secondo la tradizione cristiana.
Troverete inoltre le tre Marie, il Cireneo e, al centro, la Veronica con il famoso velo nel quale restò impressa la faccia di Gesù… in questo caso la storia dell’impressione è stata presa molto alla lettera!
C’è anche un labirinto, posto lungo il cammino di Gesù verso il Golgota, simbolo del cammino dell’uomo, contorto, solitario e diretto verso la morte.
La scultura più grande della facciata è il Cristo crocifisso posto nella parte alta, che come particolarità è appeso a una croce orizzontale e sembra penzolare sull’umanità. Al di sotto c’è un teschio, che richiama la traduzione originale ebraica della parola “golgota”, mentre sopra di lui c’è il velo squarciato del tempio.
Troverete anche un “easter egg” che però vi scrivo nel box “Scherzi da scultore” presente in pagina.
Anche questa facciata ha dei portali d’ingresso realizzati in bronzo: uno centrale, diviso in 2 ante, e due un po’ più piccoli, disposti simmetricamente ai lati.
- La porta centrale è la più grande ed è divisa in 2 ante, nel complesso chiamate “Porte del Vangelo” poiché sono interamente scritte con caratteri in bronzo a rilievo. Quella di sinistra riprende la Passione dal Vangelo di Matteo, mentre quella di destra utilizza il testo del Vangelo di Giovanni. I caratteri totali sono circa 10.000. Alcune parole vengono evidenziate in oro.
Se vi interessassero dei dati tecnici, nel suo complesso è alta 5,28 metri, per una larghezza di 2,82 metri. Il peso è paria circa 6 tonnellate e mezzo. La colonna della flagellazione di fronte alla porta si trova dove Gaudì aveva pensato originariamente la croce. Forse è per questo che Subirachs la divise in 4, come i bracci della croce. - A sinistra c’è la “Porta di Gerusalemme“, larga 2,4 metri e alta 4,41. Sul suo piano di bronzo sono ritratte scene e incisi passaggi biblici sul tema della permanenza di Gesù nell’orto degli ulivi.
- A destra c’è la “Porta dell’Incoronazione di Spine“, larga sempre 2,4 metri, ma alta solo 4. Al centro c’è Gesù nel momento in cui gli viene messa la corona di spine e sotto altre due immagini (speculari) di Gesù davanti a Pilato e a Erode. Il quadro è completato con 2 citazioni: una tratta dalla Divina Commedia di Dante, e una dal poema “La pelle del toro” (La pell de Brau) di Salvador Espriu.
Bisognerà aspettare ancora un po’ per vedere terminato il frontone in cima al portico, che conterrà il riferimento ai patriarchi biblici e ai profeti. Inoltre, ci saranno un agnello e un leone: il primo rappresenta l’agnello del sacrificio di Abramo, mentre il secondo è un riferimento al Leone, simbolo delle tribù di Giuda (Genesi), ma anche al Leone di Giuda dell’Apocalisse, con cui viene indicato il Messia. In entrambi i casi, si tratta di rappresentare la vittoria sulla morte.
Deformità volute
Nel Portale della Speranza c’è un particolare che va spiegato: nella raffigurazione della Strage degli Innocenti, il centurione ha 6 dita del piede che escono dal sandalo. La spiegazione è che un atto tanto efferato da poter essere considerato una mostruosità viene reso tangibile creando una “mostruosità” nella figura umana di chi lo commette.
In generale, però, c’è un’altra deformità che è atta apposta per non essere notata. Voglio farvi riflettere sulla meticolosità dello studio che c’è dietro la Facciata della Natività con un solo esempio: tutte le figure presenti sono deformate in modo diverso affinché, dalla prospettiva del pellegrino che entra in chiesa, si vedano tutte in modo proporzionale e armonico tra loro.
La facciata della Gloria
Questa è la facciata di cui è più facile e al tempo stesso più difficile parlare, perché sarà l’ultima delle 3 facciate a essere realizzata, e magari voi la vedrete (o l’avete già vista) a uno stato di avanzamento superiore a quello in cui lo vidi io.
Si tratta dell’ingresso principale, sul lato opposto rispetto all’altare: secondo Gaudì avrebbe dovuto “parlare” dell’ultimo periodo dell’uomo, quindi la Morte, il Giudizio Universale, l’Inferno e la Gloria.
Ecco come si legano i 4 temi: a dominare la facciata, ci sarà Dio, proprio sopra il rosone (che simboleggia lo Spirito Santo) al di sotto del quale c’è Gesù con il compito di giudicare gli uomini dopo la Morte. Una rappresentazione della Trinità che, se da un lato accoglie il pellegrino, dall’altro annuncia il Giudizio Universale, che prevede una separazione tra la Gloria e l’Inferno.
Sul portale in bronzo alto 5 metri è riprodotta, con caratteri in rilievo, la preghiera del Padre Nostro in catalano, circondata dalla frase “dacci oggi il nostro pane quotidiano” tradotta in 50 lingue (sulla destra, accanto alla parola “sigui” del testo principale, potete trovare l’italiano). Vi state chiedendo perché sia stata tradotta solo questa monizione, vero?
Ma veniamo al numero 7, che sarà il protagonista assoluto del simbolismo di questa facciata:
- Le colonne, alte, inclinate e slanciate, saranno 7 in quanto dedicate ai 7 doni dello Spirito Santo: sapienza, intelletto, consiglio, fortezza, scienza, pietà e timor di Dio;
- ai loro piedi verranno rappresentati i 7 peccati capitali: avarizia, accidia, ira, invidia, gola, superbia, e lussuria;
- in alto verranno rappresentate le 7 virtù celesti: diligenza, pazienza, carità, temperanza, umiltà e castità.
- Vi saranno sette ingressi: 2 ingressi a destra e due a sinistra in corrispondenza delle 4 navate laterali e 3 porte al centro per immettere nella navata centrale. In altre parole, ognuna delle cinque navate della chiesa avrà un ingresso di riferimento, e quello centrale avrà 3 porte. Perché da 5 navate si passa a 7 ingressi? Perché vi siano associati i 7 sacramenti, a loro volta associati alle monizioni del Padre Nostro:
- 1a porta: Battesimo ⇒ “Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome”;
- 2a porta: Estrema Unzione ⇒ “Venga il tuo Regno“;
- 3a porta: Ordine sacro ⇒ “Sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra”;
- 4a porta: Comunione ⇒ “Dacci oggi il nostro pane quotidiano“;
- 5a porta: Confermazione ⇒ “Rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori“;
- 6a porta: Matrimonio ⇒ “Non abbandonarci alla tentazione“;
- 7a porta: Penitenza ⇒ “Liberaci dal male“.
Ecco spiegato perché sulla porta centrale, l’unica visibile per ora, c’è evidenziata la frase “Dacci oggi il nostro pane quotidiano” in 50 lingue: è solo una sbirciatina a un progetto molto più grande.
Infine, il plastico che si può vedere nel cantiere mostra una serie di pinnacoli che adornano la facciata, sormontata dalle ultime 4 torri degli Apostoli (Giacomo il Maggiore, Paolo, Pietro e Andrea), più alte della 8 già realizzate sulle facciate laterali.
Il problema della scalinata
Quando Gaudì elaborò i disegni, l’Eixample era una periferia pressoché inabitata, con molti spazi verdi. Ora, attorno alla Sagrada Familia, ci sono edifici, unità abitative, negozi e ristoranti.
Il problema che dovrà affrontare l’ultimo architetto sarà quello di dover realizzare la grande scala d’ingresso che, da progetto originale, avrebbe dovuto coprire lo spazio di due isolati.
L’unico modo per realizzarla, allo stato attuale dei fatti, è abbattere palazzi che ne ostacolano l’estensione.
Vale la pena aspettare per vedere insieme quale soluzione adotteranno per risolvere o aggirare il problema.
Le scale della torre
Salire (o scendere) le scale di una delle torri è un’esperienza assolutamente da fare perché, se non fosse per le finestrelle che ogni tanto ti riconnettono col mondo, ogni riferimento viene meno grazie alle forme quasi ipnotiche delle scale a chiocciola che ruotano senza fine nelle due direzioni. La forma eliocoidale fa scherzi ottici, come un movimento che in realtà non c’è.
Nella scelta di quale torre visitare, considerate due fattori: la Facciata della Natività è ricchissima di simbolismi e di immagini inaspettate che ti spuntano davanti ogni volta che metti il naso fuori attraverso una finestrella o una feritoia, mentre le torri della Facciata della Passione sono più lineari, quasi spoglie, quasi a voler meditare sulle sofferenze di Gesù e dell’uomo in generale. Per contro, se vi piace la vista panoramica, la visita alle torri della Passione vi porterà circa 25 metri più in alto rispetto alle dirimpettaie.
I pinnacoli degli Evangelisti
Le 4 torri degli Evangelisti fanno da cornice alla Torre di Gesù Cristo: il pinnacolo di ognuna di esse richiama i simboli con cui i Quattro vennero rappresentati in forma allegorica dalla tradizione: il leone per San Marco, l’angelo per San Matteo, il toro per San Luca e l’aquila per San Giovanni.
Nella parte superiore del loro corpo, inoltre, avranno gli apparati di illuminazione necessari a mettere in risalto il pinnacolo della Torre di Cristo.
La croce più alta
L’ultimo pinnacolo che verrà innalzato sarà la croce che svetta sulla Torre di Cristo.
Quest’ultima opera avrà una caratteristica molto particolare, e cioè la capacità di risplendere sia di giorno che di notte: di notte, grazie ai corpi illuminanti montati sulle altre torri, e di giorno grazie al riflesso del sole. Questo sarà possibile grazie a un rivestimento esterno di ceramica: bisognerà attendere per capire come verrà realizzato, ma scommetto che si ispirerà alla tecnica troncadis molte volte utilizzata da Gaudì nelle sue opere.
Scherzi da scultore
Nella descrizione della Facciata della Passione e della Morte vi avevo promesso degli easter egg…
Osservate bene i centurioni, e in particolare i loro elmi. Se questa fosse la prima opera di Gaudì che vedete, potete considerarvi giustificati a non sobbalzare, ma per un caso, noi arrivammo alla Sagrada Familia proprio dopo aver visitato Casa Milà, detta “La Pedrera” sul Passeig de Gràcia. I soldati ci ricordarono qualcosa che avevamo visto ma non fissato bene nella mente… qualcosa di secondario? Ma certo! I comignoli sopra il tetto di casa Milà!
Subirachs, forse per omaggiare l’architetto scomparso, utilizzò il disegno dei comignoli per dare forma agli elmi dei soldati.
Il secondo easter egg riguarda proprio Gaudì, il cui volto, con la classica barba che aveva in età adulta, fu messo alla statua di uno dei personaggi del gruppo della Veronica: a voi trovarlo! (è facile, dai…)
Infine, nella porta d’ingresso principale, tra le tantissime lettere in rilievo sulla porta di bronzo, osservate le maniglie: sono, in realtà, caratteri della frase “non ci indurre in tentazione”, ma si tratta proprio della “A” e della “G“, iniziali di Antoni Gaudí.
La Torre di Maria
La Torre della Vergine Maria è stata inaugurata l’8 dicembre 2021, giorno dell’Immacolata Concezione.
La realizzazione è terminata con l’installazione di 12 stelle attorno al basamento del puntale e di una guglia a forma di stella a 12 punte, a richiamare la numerologia dell’Apocalisse di Giovanni.
La stella, che tocca un’altezza massima di 123 metri, ha un diametro di 7,5 metri e ha la caratteristica di illuminarsi la sera, il ché la rende visibile da gran parte della città di Barcellona.
L’importanza dei dettagli
Il simbolismo presente ovunque in questo tempio è frastornante: non c’è luogo su cui si possa posare l’occhio che non rievochi qualcosa della fede o della tradizione cattolica. Persino i pinnacoli delle torri sono carichi di significati da contemplare con cognizione di causa!
Vi ho già parlato delle 12 stelle che si ritrovano sul pinnacolo della Torre di Maria, ma voglio porre la vostra attenzione alla sommità delle Torri degli Apostoli: come ben sappiamo, gli Apostoli sono i predecessori degli attuali Vescovi (come siano passati da 12 a oltre 5000 è uno dei misteri che neanche Gaudì riuscì a rappresentare) e quindi i relativi pinnacoli riportano in forma stilizzata proprio i simboli vescovili: in alto la mitra, poi il pastorale e infine l’anello.
Entriamo in chiesa!
Se hai già letto il Diario di Viaggio presente in questa pagina, sai già cosa aspettarti in termini di meraviglia, ma se non fossi mai entrato prima, stai tranquillo perché qualsiasi spoiler non ti rovinerà quella sensazione di smarrimento e gioia nell’accedere al “bosco” progettato da Gaudì.
Le colonne sono alte e sottili e quelli che sembrano i nodi dei tronchi da cui si dipartono i rami, sono in realtà delle soluzioni architettoniche uniche per legare armonicamente il passaggio dalle colonne alle volte. Per gli amanti dei tecnicismi, si tratta di un complesso reticolato di ellissoidi a metà tra il genio e la follia. Sappiate che, per imitare il movimento della natura, non c’è una sola linea retta all’interno dell’intera chiesa.
La chiesa ha una pianta a croce, con il braccio orizzontale costituito dal transetto, che si estende per 60 metri tra i portali delle facciate della Natività e della Passione, e il braccio verticale, costituito da 5 navate che partono dai 5 portali (a 7 porte, per quanto illustrato sopra) e, superato il transetto, lascia spazio all’abside. Dall’ingresso alla fine dell’abside c’è una distanza di 90 metri.
Le navate laterali sono larghe 7,5 metri ciascuna per un’altezza di circa 30 metri, mentre la navata centrale è larga 15 metri con volte che raggiungono i 45 metri.
Alle estremità del transetto, alla destra e alla sinistra di Gesù, ci sono le statue di Giuseppe e Maria, poste su un piano rialzato sopra il portale centrale di ciascuna delle relative facciate. A Maria è dedicata anche la cappella centrale dell’abside, ovvero la cappella dell’Assunta. Ai suoi lati altre 6 cappelle – 3 a destra e 3 a sinistra, incorniciano l’abside: ciascuna cappella ha un’altezza di 35 metri ed è composta da dodici facce con finestre triangolari. Al di sopra, c’è una cupola decorata con un mosaico.
Le colonne sono realizzate in porfido, basalto, granito e pietra di Montjuïc e sono progettate per dare a tutto il contesto un colore chiaro e uniforme degli elementi strutturali. Saranno poi i giochi di luce delle vetrate a creare l’atmosfera unica “veste” l’immenso spazio. Man mano che ci si sposta, infatti, si incontrano immense vetrate colorate con diverse tonalità per ogni gruppo: in questo modo i riverberi e le ombre non sono mai dello stesso colore e i diversi ambienti assumono tinte gialle, arancioni, rosse, verdi o blu. A completare l’armonia dei colori sono gli inserti colorati posti sulle colonne, nelle volte o sul pavimento. All’interno dei nodi della maggior parte delle colonne sono stati inseriti i corpi illuminanti per l’illuminazione artificiale della chiesa, affinché fossero in armonia col resto e non degli elementi estranei messi in un secondo tempo.
Al centro dell’abside c’è l’altare, su un piano rialzato evidenziato da un baldacchino appeso al soffitto e, a mezz’aria, c’è Gesù crocifisso, in una posa inusuale ma del tutto naturale, se pensiamo alla dinamica della crocifissione: schiacciato da un’umana forza di gravità pur restando appeso alla croce per vincolo dei chiodi.
Tutto intorno al basamento rialzato dell’abside, ci sono aperture simili a lucernari che servono a far entrare la luce nella Cripta.
Normalmente, nelle grandi chiese, il corridoio dell’abside e le relative cappelle vengono usati per ospitare statue di vari santi, e la Sagrada Familia, con tutto lo spazio a disposizione, non fa eccezione. L’ultima volta che ho visitato la chiesa, erano stati messi dei cartelli contenenti il Padre Nostro in diverse lingue. Non so se sia ancora così o se fosse un espediente riempitivo temporaneo: a me piacquero molto e quindi vi auguro di ritrovarli.
Ai lati della cattedra, si possono vedere le 1492 canne di un organo a 29 registri costruito nel 2010 dalla ditta organaria spagnola Blancafort Orgueners des Montserrat. Il progetto finale è quello di arrivare a 8000 canne sparse in gruppi per la chiesa, realizzando il più grande organo al mondo.
Le 4 colonne con i simboli degli evangelisti sono poste in corrispondenza alle relative torri, e questo permette di identificare l’area sopra cui svetta la Torre di Cristo, e cioè in mezzo a loro, esattamente nel punto in cui è stato inserito il monogramma (vedi box “Il centro della chiesa“).
Sopra le navate laterali ci sono dei passaggi praticabili, detti “cantorie“, a cui si accede tramite delle scale. Tra queste, ce ne sono due particolarmente evidenti, a tratti esposte, su entrambi i lati dell’altare, che con il loro salire ripido a chiocciola simboleggiano il cammino tra la terra e il cielo.
Nei due angoli della chiesa, dal lato dell’abside, ci sono 2 sagrestie che sono collegate tra loro dal chiostro esterno che circonderà tutta la chiesa.
La Cripta
Tra il Portale della Natività e quello della Passione, andando sotto il piano della pavimentazione della chiesa maggiore, si trova la Cripta (l’etimologia greca di questo nome rievoca, appunto, il “nascondiglio“, a voler rappresentare le catacombe in cui si rifugiavano i cristiani per sfuggire alle persecuzioni).
Nel 1882 fu Villar stesso, prima ancora che arrivasse Gaudì, a far partire la costruzione della chiesa dalla Cripta, conferendole lo stile neogotico del progetto originale. In questo modo, quando l’architetto più famoso arrivò, poté fare molto poco rispetto alle scelte già impostate. Per Gaudì, infatti, il tema della Natività avrebbe dovuto essere esposto a est, per vedere il sole che sorge, mentre la Passione e Morte di Cristo avrebbe dovuto essere illuminata dalla luce crepuscolare del tramonto. Ciò non avvenne, ma riuscì comunque a portare la luce naturale anche nel sottosuolo progettando un fossato che portava l’aria fino al basamento.
L’atmosfera delle cripte è sempre più mesta e austera della chiesa di superficie, e questo si deve anche allo spessore delle colonne che devono sorreggere il pavimento su cui camminano migliaia di persone. La moltitudine di archi a sesto acuto che partono da esse è giustificata dal fatto che è la struttura portante ingegneristicamente più adatta a scaricare il peso del soffitto in modo distribuito.
La pianta è semicircolare e ha il centro in corrispondenza a quello dell’arco di circonferenza descritto dall’abside. I geometri, gli ingegneri e i disegnatori mi avranno capito ma, per tutti gli altri, immaginate la Cripta sotto il pavimento come se fosse posta in corrispondenza con la curva dell’abside al piano di sopra (anche se dubito che sia più chiaro).
Lungo il lato curvo ci sono 7 cappelle con quella centrale (ovvero posizionata sull’asse longitudinale dell’edificio, passante per l’altare) dedicata a San Giuseppe. Di fronte, sul lato retto, ci sono altre 5 cappelle al cui centro c’è l’altare, con un rilievo della Sacra Famiglia riunita nella casa di Nazaret (vi ricordo che il primissimo progetto del tempio si ispirava proprio alla Santa Casa di Loreto, che altro non è che la casa di Maria, a Nazaret, trasportata in Italia).
Guardando verso l’alto, noterete che la chiave di volta è occupata dal bassorilievo che rappresenta l’Annunciazione e Incarnazione del Verbo e, su essa, convergono tutto gli archi maggiori della volta, quasi a testimoniare che il momento rappresentato nell’immagine tenga unito tutto il resto.
La Cripta venne terminata nel 1891.
Antoni Gaudì è sepolto nella cappella di Nostra Signora del Carmine, a cui era molto devoto.
Attualmente la Cripta ha una funzione “parrocchiale”, quindi può essere visitata solo durante le celebrazioni della Santa Messa in lingua spagnola o catalana.
Il Museo
Al termine della visita alla basilica è possibile proseguire il percorso attraverso il Museo della Sagrada Família Barcellona, incluso nel prezzo del biglietto. Qui troverete miniature, descrizioni e fotografie che raccontano il progetto dal suo inizio e molte delle tecniche utilizzate per la sua realizzazione.
Personalmente, ho trovato affascinanti i disegni originali dell’epoca di Gaudì.
Non credo di infrangere nessun copyright condividendovi questo emozionante video realizzato dalla Fondazione Junta Constructora del Temple Expiatori de la Sagrada Família, che si occupa di raccogliere i fondi e le donazioni che hanno permesso, da sempre, la costruzione di questo tempio. Nel video, realizzato in grafica 3D, si immagina il momento finale in cui verrà posta la croce sulla sommità della Torre di Gesù Cristo, completando, di fatto, i lavori iniziati il 19 marzo 1882. Se foste interessati, vi lascio il link del canale YouTube della fondazione.