La piazza più grande!
Fino a tre o quattro secoli fa esisteva un grande spazio, chiamato prato Leganitos, che viene addirittura citato dallo scrittore Miguel de Cervantes nel don Quijote. Nel tempo qui furono costruiti edifici di carattere molto diverso (si parla di un convento del 1700 e di una caserma nel 1900) ma vennero tutti abbattuti.
Quando i franchisti vinsero la Guerra Civile Spagnola, questo grande spazio, a poca distanza dal Palazzo Reale, si prestava benissimo a ospitare il progetto di una grande piazza che celebrasse la gloria della Spagna. Fu così che, nel corso del XX secolo, prese forma una delle piazze più grandi dell’intera Spagna con un’estensione di circa 36.900 metri quadri.
Detto tra noi, a parte la sua grande estensione e il fatto che sia di passaggio nelle direttrici tra diversi luoghi di interesse della città, non ci sono molto motivi per tornare spesso in questa piazza, al contrario di altri luogo di incontro, divertimento, folklore e interesse di Madrid. Vale una visita, certo, ma non mi ha ispirato particolare simpatia.
Por límite el cielo
“Nessun limite eccetto il cielo“, esclamava il prode e fiero Don Quijotte (da noi, don Chisciotte) al fido scudiero Sancho Panza allorché disquisiva della vita. Immagino che gli architetti Rafael Martínez Zapatero e Pedro Muguruza avessero fatto proprie queste parole allorché progettarono il tributo allo scrittore e drammaturgo Miguel de Cervantes Saavedra (1547-1616).
Il connubio tra Plaza de España e Cervantes si scopre da subito se si arriva qui in metropolitana: l’intera stazione è letteralmente tappezzata del testo dei suo romanzo più famoso.
Ma è in superficie che lo scultore Lorenzo Coullaut Valera pone le basi per il monumento celebrativo che, appunto, si staglia verso il cielo. Ho detto “le basi” perché il lavoro dell’artista si svolse tra il 1925 e il 1930, ma l’opra venne terminata da suo figlio Federico Coullaut-Valera Mendigutia solo nel 1957.
Il monumento a Cervantes è la maggiore opera della piazza e la sua presenza vale una visita durante la vostra permanenza in città. L’allegoria che ci si prospetta davanti è l’incontro tra la realtà e l’immaginazione: la prima realizzata in pietra, come la figura di Cervantes, che tiene in mano una copia del don Chisciotte, e la seconda in bronzo, come le figure dei due personaggi principali, che sembrano prendere vita e lasciare lo scrittore per andare nel mondo, come se le fantasie, quando vengono condivise col mondo, non appartengano più a chi le ha generate.
A sinistra del monolito si trova una scena di “Rinconete e Cortadillo“, mentre a destra c’è un omaggio a “La Gitanilla“: sono citazioni di due dei 12 racconti contenuti nelle “Novelle esemplari” del 1613.
La donna sul retro del monumento è nientemeno che la letteratura spagnola, in un simbolismo che la vede come linfa vitale per tutti i paesi accomunati dalla lingua: l’acqua che sgorga dalla donna, infatti, scorre sugli scudi che rappresentano i paesi latino-americani.
In cima al monolito, infine, il mondo intero viene innalzato dalla Fama o della Vittoria, a voler simboleggiare l’universalità dell’arte di Cervantes che si estende sui cinque continenti.
Se, come accadde a me, vi troverete a fotografare questo monumento in una domenica d’agosto con tanto di allerta meteo per il caldo, vi suggerisco, come prospettiva, quella che si ha mettendosi sotto i tubi che nebulizzano acqua fresca sul lato opposto della piazza!
La cornice urbana
A definire la piazza, comunque, non solo solo le scelte architettoniche ecologiche e sostenibili della parte centrale (il progetto attuale ha vinto diversi premi in questo ambito, tra cui quello della XVI Bienal Española de Arquitectura y Urbanismo) ma anche la cornice dei palazzi che la circondano.
Dal lato della Gran Via troviamo l’Edificio España alto 117 metri per 25 piani che, quando fu completato nel 1953, era il più alto di Madrid. La sua caratteristica forma “a gradoni” in mattoni e calcare si fa notare per personalità. Fu progettato come uno spazio polifunzionale, e infatti originariamente conteneva appartamenti, un centro commerciale, un hotel e una serie di uffici. Con una storia economica un po’ travagliata, dal 2017 venne acquisito interamente dalla catena di hotel Riu. Oggi viene proposta come attrazione turistica la salita diretta al Rooftop Bar (qui il sito ufficiale per la prenotazione): prendendo un aperitivo è possibile passeggiare sulla terrazza panoramica da cui godere di una vista aerea a 360° di Madrid.
Di lato, più alta ma meno appariscente dal punto di vista architettonico, c’è la Torre di Madrid, con i suoi 142 metri per 36 piani. Per un periodo, fu l’edificio in cemento più alto del mondo… poi, come sappiamo, il mondo cominciò a fare a gara per superare questo record. Anche se non è più la torre più alta di Madrid, per qualche ragione che mi sfugge, è rimasta nel cuore degli abitanti ce la chiamano familiarmente “la giraffa” (“la jirafa“), paragonandola al collo stretto e lungo dell’animale.
Come per il suo vicino, anche questo colosso ospita un hotel, il Barcelo, ma in questo caso si mantiene ai piani bassi.
Essendo più alto dell’Edificio España, mi sarei aspettato un ingresso per la salita sul tetto (o quantomeno all’ultimo piano) e invece non sono riuscito a trovare informazioni in merito.
Sul lato opposto della piazza, a fare da angolo verso il tempio di Debod, non si può non notare un edificio decisamente particolare, bianco, pieno di rilievi con giochi di forme, archi lavorati intorno alle finestre, gargoyle, balconcini di ferro scuro e una singolare cupola nera con guglia sull’angolo. È particolare il senso del movimento che i giochi di forme conferiscono alla facciata.
Si tratta di Casa Gallardo, un esempio di art noveau madrileno che ospita un club privato, il Club Allard, e un ristorante.
Di fronte, a fare angolo dall’altro lato della piazza (in direzione dei Giardini di Sabatini), c’è un altro edificio molto singolare, anch’esso con forme movimentate (balaustre in piombo decorate, figure mitologiche e angioletti) ma con un contrasto di colore dato dai mattoni rossi e dai cornicioni bianchi. Anche in questo caso, a coronare l’angolo, spicca una cupola scura. Nell’insieme, ricorda un po’ le atmosfere parigine.
È l’Edificio de la Real Compañía Asturiana de Minas. Fu edificato negli ultimi anni del 1800 e, come si intuisce dal nome, fu la sede di una compagnia mineraria. Per un breve periodo ospitò il Consiglio di Cultura della Comunidad de Madrid, ma ora potete trovarvi esposizioni temporanee.
Infine, sul fondo della piazza, oltre la Fuente del Nascimento del Agua e il Monumento al Pueblo del Dos de Mayo de 1808, c’è una struttura orientaleggiante che sembra messa lì per sbaglio, totalmente diversa da tutto il resto della piazza. Si tratta, in realtà, di due strutture collegate, e cioè del Templo nacional de Santa Teresa de Jesús e del Convento de los Padres Carmelitas Descalzos. Gli edifici furono costruiti dai Carmilitani Scalzi a partire dal 1916 dopo essere stati privati del loro convento originale. Dal momento che ricorrevano i 400 anni dalla morte di Santa Teresa d’Avila, dcisero di ispirarsi all’immagine del “Castello Interiore“, tratta dall’omonimo libro scritto dalla santa nel XVI secolo. Santa Teresa utilizza l’immagine di un castello con 7 stanze per rappresentare il cammino interiore dell’anima verso la perfezione e l’unione con Dio in un viaggio spirituale nella vita. Le sette sale, rappresentanti i diversi livelli di consapevolezza e di relazione con Dio e il castello intero viene paragonato allo spirito umano.
Da questo incipit nasce la conformazione del convento come castello medievale che, oggi, è in totale disarmonia con tutti gli altri edifici circostanti.
Il pezzo forte del complesso, comunque, è la splendida cupola bizantina che esternamente si presenta solare e variopinta ma, a causa della prospettiva della piazza, non si apprezza bene che da altre angolazioni e allontanandosi un po’.