Mi chiamo Maurizio.
In arte, Nemo (il capitano, non il pesce!).
Viaggio per passione, per necessità e perché se stessi fermo sarei un museo!
Se il dottor Grant di Jurassic Park divideva i bambini in astronomi e astronauti, il bambino che è in me è sicuramente un esploratore!

Da quando ero piccolo i miei genitori mi hanno “insegnato a viaggiare”… perché non è facile viaggiare, sapete?
Viaggiare è scoprire, assaporare, condividere, conoscere e conoscersi un po’ di più, imparare che c’è tanto da imparare e che se pensi che “si sta bene solo a casa” non sai niente del mondo.
Il rischio più grande, quando parti per un viaggio, è portarti dietro quello che hai e che sai per cercarlo altrove.
Quando ero studente e con poche risorse viaggiavo in comitiva con gli amici… viaggi avventurosi in 11 in un pulmino da 9, un’ora per uscire tutti di casa e andare in spiaggia, i turni alla doccia, la spesa, le collette per la cassa comune, 30 ore di treno per raggiungere un campeggio in Spagna, e poi c’era la gestione diplomatica…
- di quello a cui giravano le scatole e “oggi non mi va”,
- dell’abitudinario che voleva andare sempre nello stesso posto,
- di quello che finiva di pranzare e già pianificava la cena,
- di quello che ti scroccava le telefonate dicendo “poi a Roma ti ridò i soldi” ignorando che tu avevi 10 mila lire di credito e te le dovevi far bastare fino alla fine della vacanza!
I viaggi più belli li ho fatti con Maria Rosaria, mia moglie!
Ci trovavamo (quasi) in tutto e dove si fermava uno, ci pensava l’altro a gettare il cuore oltre l’ostacolo.
Il viaggio era un modo per scoprire il mondo, ma anche per crescere insieme, nelle possibilità, nella complicità ma anche nei compromessi che sono alla base di un rapporto di coppia. Non per niente c’è un bellissimo augurio nei Promessi Sposi del Manzoni (mi pare) che dice:
“amatevi come compagni di viaggio”
… pare facile!
Era il modo per vedere il mondo con gli occhi di un altro.


Dopo la sua morte ho provato spesso a cercare dei nuovi compagni di viaggio, ma forse, dopo aver provato qualcosa che si avvicinava alla perfezione, era difficile accontentarsi. E poi avevo grandi progetti… Fly&drive, esplorazioni senza una meta o un tragitto preciso, budget non più da studenti con 10 mila lire nel telefono, …
Era sempre più difficile trovare qualcuno disposto ad adattarsi… o forse ero io che entravo nella crisi di mezza età!
Così ho scoperto la possibilità di viaggiare da solo.
Ma se è partita come una necessità o un ripiego, ho imparato presto che, a questo punto della mia vita, è il modo migliore per sfamare la voglia di conoscere, scoprire, interagire con le persone e capire un po’ più anche di me: chi sei, chi potresti essere e, alla fine del viaggio, chi vuoi essere.
Ho scoperto la possibilità di non avere limiti di tempo e di spazio, la bellezza di svoltare per una strada perché ti ispira o ti incuriosisce senza preoccuparti di cambiare i tuoi piani.
E poi essere da solo ti porta ad aprirti agli altri, scambiare una parola in un inglese improbabile e passare una serata a parlare con uno sconosciuto.
Come mi hanno detto più volte sul cammino di Santiago,
“nunca caminaras solo!”
E ho scoperto che è vero!




E se siete incuriositi dai nomi Nemo e Lallero, potete scoprire la storia in quest’altra pagina!