L’angolo degli Otaku
Dillo con i Kanji
I kanji che si utilizzano per scrivere il nome della città di Kanazawa sono due, di cui uno – il primo – abbastanza ricorrente quando volete acquistare dei gioielli:
金 沢
金 – Questo è “Kin” e vuol dire “oro“.
沢 – Questo è “Sawa” e significa “palude“.
Nell’insieme, i kanji esprimono la descrizione delle città come “palude dorata” e la storia di questo nome dovrebbe essere legato a una leggenda risalente a 1200 anni fa, secondo cui un contadino di nome Tōgorō, attingendo l’acqua a una fonte locale, vide affiorare della polvere d’oro.
Se vedi un cartello in cui il nome della città è scritto così: 金沢市, il terzo kanji (shi) indica il tipo di istituzione e quindi si legge nell’insieme “Città di Kanazawa“.
Storie di conquista e di bellezza
Kanazawa è la capitale della prefettura di Ishikawa, bagnata dal mare (a nord) e protetta dalle alpi giapponesi (a sud).
Per una volta, non ti dirò la consueta frase “è stata capitale del Giappone” perché qui l’imperatore non si stabilì mai.
Il suo nome significa “palude dorata“, forse per la leggenda che vi ho raccontato sopra. Il “forse” è d’obbligo perché ci sono delle teorie alternative:
- una teoria vuole che il nome sia legato alla sua storia di centro di eccellenza nella lavorazione dell’oro;
- un’altra teoria vuole che l’oro della definizione sia nientemeno che il riso, infatti per tre secoli, in questa regione, vi fu una tale produzione di riso che divenne una delle terre più ricche dell’impero, tanto da essere soprannominata Kaga-Hyaku-Man-Goku (letteralmente, dovrebbe suonare come “il bocciolo del fiore Hyakuman Goku“), a causa dell’enorme quantità di koku di riso prodotti: un koku (石), per dare un significato alla frase precedente, veniva definito come la quantità di riso sufficiente a nutrire una persona per un anno e corrispondeva a circa 150 chilogrammi.
Nel titolo ti parlo di bellezza e di conquista.
Potrai ritrovare la bellezza in molti degli scorci di Kanazawa, che sembra disegnata per il piacere degli occhi, tra castelli, giardini, templi, strade ampie e quartieri caratteristici in cui il tempo sembra essersi fermato al periodo Edo (1603 – 1867).
E la conquista che c’entra? Come avviene spesso in Giappone è la strategia militare che scatena la voglia di costruire qualcosa di grandioso o di bello, destinato a restare nel tempo.
Durante il XV secolo e fino al 1583, Kanazawa era sotto un governo buddhista. A mettervi fine fu la campagna di conquista e annessione portata avanti da Oda Nobunaga, il primo dei tre unificatori (se vuoi qualche delucidazione sul carattere da conquistatore di Nobunaga, guardati il video sul mio canale YouTube sui tre unificatori e l’uccellino).
Quando Nobunaga inviò i suoi daimyo nei vari territori, in quest’area arrivò il clan Maeda che riuscì a deporre il governo buddhista. Come segno del nuovo governo feudale, il clan Maeda costruì la prima versione del Castello di Kanazawa. Per la storia del castello vi rimando al box in pagina, ma vi anticipo che ogni daimyo che si è avvicendato al comando ha lavorato per ampliare e rendere più spettacolare questa struttura che alla fine, per la sua grandezza, venne soprannominato “il castello dei 1000 tatami“.
E cosa può essere un castello senza un giardino degno della sua bellezza? Il Kenroku-en (兼六園) viene considerato uno dei tre giardini più belli di tutto il Giappone. Anche in questo caso il merito va ai diversi daimyo che si sono avvicendati: ciascuno ci ha messo del suo per rendere questo posto unico nel suo genere.
Ma la bellezza di Kanazawa si estende oltre queste due attrazioni principali, e fonda le proprie radici nella storia: passeggiare per i quartieri dei samurai o delle geisha è quasi come tornare al passato. Qui puoi visitare case storiche mantenute come apparivano nel periodo Edo, ma anche provare l’esperienza dei chaya (茶屋), le tradizionali case da tè che un tempo offrivano ristoro e relax a nobili e mercanti. Le geisha intrattenevano con la loro cultura, l’arte della conversazione e tante altre doti come la musica e la danza.
Per completare l’esperienza di visita a Kanazawa non puoi esimerti dal mangiare del buon pesce: in un ristorante, un izakaya o sui banconi dell’Omicho Market, uno dei vanti di Kanazawa è quello di servirti il pesce freschissimo pescato nel mar del Giappone e delle ostriche di dimensioni imbarazzanti. E per finire, dato che la lavorazione dell’oro è uno dei possibili motivi per il nome della città (“Palude dorata”), potrai concederti il lusso di un cono gelato coperto da una foglia d’oro.
Terminata la panoramica iniziale, eccoti una sintesi delle principali cose da vedere: ti premetto che ho potuto dedicare solo un giorno a questa città e quindi le attrazioni e i siti che seguono sono quelli più “turistici”, ovvero i “must see” per chi la visita la prima volta. Se pensi di dedicargli più tempo, probabilmente sarai tu a darmi consigli!
Per avere un’idea più ampia del susseguirsi dei fatti storici e del ruolo dei personaggi citati in queste pagine, c’è un apposito articolo che tratta la storia completa del Giappone!
La scheda della città
- Nome: Kanazawa-shi – 金沢市
- Regione: Chūbu
- Prefettura: Ishikawa
- Superficie: 467,77 km²
- Abitanti: 462.000 (dati 2024)
- Densità: circa 990 ab./km²
- Altitudine media: 37 m s.l.m.
- Nome abitanti: Kanazawa-jin (金沢人) – in italiano kanazawani
- Prefisso: (0)76
- Gemellaggi: Buffalo, Portland (USA), Ghent (Belgio), Irkutsk (Russia), Suzhou (Cina), Jeonju (Corea del Sud), Nancy (Francia).
Kanazawa-Jo – il castello dei 1000 tatami
Il soprannome stesso del castello suggerisce quanto grande dovesse essere questa fortificazione nel suo periodo di massimo splendore: abitato dal clan Maeda per 14 generazioni, subì una sorte infausta a causa di continui incendi e terremoti.
Passeggiare per il parco resta comunque un’esperienza imperdibile, sia per la bellezza dei giardini, sia per l’imponente e accurato restauro che si sta portando avanti nell’ultimo ventennio: in alcuni punti ti sembrerà di essere in un cantiere a cielo aperto, mentre per la maggior parte dello spazio sarà come essere trasportati nel periodo Edo. C’è da segnalare che, a differenza di altri siti storici del Giappone, sono state utilizzate tecniche architettoniche conformi a quelle utilizzate per gli edifici originali.
Per una descrizione più completa, ti rimando all’articolo dedicato, che puoi raggiungere tramite questo link o cliccando sull’immagine seguente.
Kenroku-en – tra i giardini più belli del Giappone
Il poeta cinese Li Gefei definì i 6 attributi del paesaggio perfetto, ovvero spaziosità e intimità, artificio e antichità, corsi d’acqua e panorami. Il cosiddetto “Giardino delle sei sublimità”, ovvero il Kenroku-en viene realizzato dai daimyo del clan Maeda rispettando meticolosamente i 6 attributi, tanto da diventare “uno dei 3 giardini più belli del Giappone”.
Per una descrizione più completa, ti rimando all’articolo dedicato, che puoi raggiungere tramite questo link o cliccando sull’immagine.
Il quartiere dei Samurai
A ovest del parco del Kanazawa-Jo c’è Nagamachi, meglio conosciuto come il “quartiere dei samurai“, un complesso di stradine con case in legno del periodo Edo e giardini tipici dell’epoca feudale giapponese. Le strade sono per lo più lastricate ed è uno dei luoghi più suggestivi della città.
Passeggiando per queste vie si percepisce il profumo di un altro tempo e, a parer mio, della composta dignità che contraddistingueva gli antichi guerrieri: non si cerca il sensazionale, né ci si prodiga per fornire ai turisti esperienze artefatte, ma gli ambienti si presentano composti e curati come li avrebbe tenuti un vero samurai.
Una di queste case, Nomura-ke, era la residenza di un importante clan di samurai discendenti da Nomura Denbei Nobusada, fedele a Lord Maeda Toshiie. Si tramanda che questa figura era così apprezzata dal daimyo da aver ricevuto in dono un feudo di 1.200 koku (un koku [石] era la quantità di riso definita come sufficiente a nutrire una persona per un anno, ovvero circa 150 chilogrammi). Pagando un biglietto e lasciando le scarpe all’ingresso è possibile accedere agli ambienti privati di questo storico personaggio, comprese le sue stanze, l’angolo della preghiera, il giardini giapponese in stile Kobori Enshu, fino a un piccolo museo dove sono custodite la sua armatura e le sue armi.
Una nota personale: non è Disneyland, ma una normale casa, ragion per cui molti visitatori restano delusi perché si aspettano di trovare chissà cosa, ma a parer mio, se si approccia con silenzio e rispetto, aguzzando i sensi e lasciandosi rapire dall’atmosfera d’altri tempi, ti garantisco che sarà un’esperienza immersiva nella storia di un’era e nella vita di una persona.
Poco distante c’è il Maeda Tosanokami-ke Shiryokan Museum, un museo dedicato alla storia del clan Maeda, contenente documenti, immagini, armi e armature. Dando per scontata la bellezza dei reperti, devo ammettere che non è un museo semplicissimo da capire se non si viene un po’ preparati sull’argomento. Ci sono molti documenti scritti in giapponese e le descrizioni sintetiche, per quanto interessanti, non offrono una traduzione dei testi. In molti casi può venire in aiuto un’AI visuale, anche se i kanji sono del periodo Edo, quindi scritti con una grafia tutt’altro che moderna. Una chicca è la spiegazione di come dovrebbe essere scritta una lettera e la guida per piegarla correttamente.
Santuario Oyama
Ammetto che Kanazawa non mi ha colpito per i suoi santuari, ma se dovessi sceglierne uno, ti consiglio quello più comodo, se non altro perché molto vicino al parco del Castello, sul lato del Nagamachi District: attraversando la porta Nezumita-mon, infatti, sarete sul lato giusto per visitare il tempio shintoista di Oyama.
Partiamo col dire che è un po’ atipico: l’ingresso principale, infatti, fu disegnato da un architetto olandese nel 1875 e contiene richiamo alla cultura giapponese e cinesi, ma anche elementi europei, come alcune finestre in stile olandese che sembrano riciclate da un vecchio faro. La sua altezza è di 25 metri.
Il santuario è dedicato a Maeda Toshiie, il capostipite del clan dei Maeda, per volere di suo figlio Toshinaga, che divenne daimyo dopo di lui. Sorse nel 1599 a est della città e spostato nella posizione attuale solo nel 1873. E parlando di furti e spostamenti, il portico d’ingresso era originariamente collocato nel castello di Kanazawa.
La struttura in legno del corpo centrale è molto bello con la sua struttura in legno ed è anche vissuta, nel senso che è molto facile trovarvi monaci (o monache, come è successo a me) intenti ad allestire o eseguire sessioni di preghiera. Seguendo la direzione della statua di Maeda Toshiie arriverai a un bellissimo giardino in stile giapponese con uno stagno e ponticelli in legno.
I distretti delle Geisha
Scritto rigorosamente al singolare, anche quando si parla di più di una persona, le geisha sono un’istituzione della storia giapponese. Ne sono rimaste una cinquantina e godono del rispetto e dell’ammirazione del popolo giapponese. Fu a causa dell’imbarbarimento apportato dagli stranieri, e in particolare dalla presenza dei commercianti e dei militari americani dopo lo “schiaffo di Perry” (se volessi ripassare questo frammento di storia, ricorda che c’è un articolo dedicato) a distorcerne il significato trasformandola da “artista” a “donna di facili costumi”, ma tu sai già che si tratta di un equivoco, giusto?
Kanazawa ha alcuni distretti famosi per essere rimasti al periodo Edo in quanto a edifici e atmosfera: si tratta di tre quartieri tradizionali con sale da tè e locali in cui è possibile partecipare alla cerimonia tradizionale assistendo alla rara esibizione delle geisha.
Higashi-Chaya-gai è il più tradizionale tra i distretti, addirittura con i lampioni originali del XIX secolo. Ci sono poi i quartieri di Nishi-Chaya-gai e Kazuemachi-Chaya District. In tutti e tre è possibile passeggiare tra le tipiche abitazioni in stile Edo tra negozi di artigianato tessile, della carta, della ceramica e di lavorazione dell’oro.
La caratteristica di questi quartieri sono le chaya (o forse dovrei dire “i” chaya… boh) ovvero le tipiche case da té del periodo Edo costruite in legno, generalmente a due piani (al secondo piano c’erano le stanze per gli ospiti) dove i ricchi signori e i commercianti dell’epoca andavano a bere il té intrattenuti dall’arte delle geisha. Se ti capita di vedere una tipica struttura a grata all’esterno del chaya, sappi che è un elemento tipico della tradizione e prende il nome di kimusuko. Se ti dovesse capitare l’occasione di visitare un ambiente (chiaramente, ricostruito) delle abitazioni di una geisha, noterai il cuscino è poggiato su rialzo in legno: si tratta del hakomakura (箱枕) o takamakura (高枕) e ha la funzione di mantenere la nuca della donna sollevata da terra durante il sonno per non rovinarne l’elaborata acconciatura.
Omicho Market – la cucina di Kanazawa
Sfido chiunque ad attraversare il mercato Omicho senza perdersi nella rete di stradine coperte tra negozi alimentari e banchi del pesce. Io ero entrato per fare colazione e poco dopo avevo in mano un’ostrica freschissima più grande del palmo della mia mano e una spremuta d’arancia bevuta direttamente nella sua buccia!
Se pensi che non si tratti di un sito storico, dovrai ricrederti: questo mercato è il più grande della città e la sua origine risale al periodo Edo (1603-1868) e oggi conta circa 170 esercizi commerciali. Il suo splendore è al mattino, quando gli stessi abitanti di Kanazawa vengono ad acquistare il pesce freschissimo (uno dei vanti di questo mercato è la garanzia di far arrivare sui banchi il pesce pescato nel mar del Giappone nel minor tempo possibile) ma all’ora di pranzo diventa un’immensa food court dove assaggiare prelibatezze ittiche come fossero street food.
Quello che mi ha colpito di questo posto è come sia “vissuto” anche dalla popolazione come un luogo d’incontro e di scambio culturale: sbirciando i manifesti affissi nelle bacheche e nei corridoi del secondo piano ho trovato annunci di eventi, giornate a tema, eventi padri e figli e tante altre occasioni, tanto da essersi meritato il nickname di “Kanazawa’s Kitchen“. Se vorrai pranzare a base di sushi, sashimi o altro tipo di pesce freschissimo, hai solo l’imbarazzo della scelta per un prezzo che di aggira sui 2000-3000 Yen e una qualità altissima.
Se invece sei qui per fare acquisti, puoi perderti tra i vari negozi o il supermercato su due piani che offre anche prodotti essiccati da riportare in viaggio.
Ah, dimenticavo: se hai dubbi sul pesce da acquistare o su come prepararlo, un cartello all’ingresso invita a chiedere informazioni ai venditori che, in qualità di esperti, sono lì anche per consigliarti.
L’Omicho Market è a metà strada tra la stazione centrale e il parco del castello. Dalla stazione puoi arrivarci con poche fermate di bus oppure con una passeggiata di 15 minuti. In caso di sole battente o di pioggia intensa, cerca delle scalette e verrai proiettato in un corridoio sotterraneo che segue la via principale ed esce proprio all’ingresso del mercato: di più non riesco a dirti perché l’ho trovato per puro caso seguendo una signora con le buste della spesa (non datemi dello stalker, vi prego… l’ho fatto per il blog!).
Mancava solo il boss del livello
Diario di Viaggio
Passeggiare per i distretti storici di Kanazawa è un’esperienza da fare assolutamente: non ci sono a stupirti “effetti speciali o colori ultravivaci” (è una citazione di una pubblicità dei miei tempi, quindi “bravo” se l’hai riconosciuta!) ma la bellezza di un’atmosfera antica che si conserva nelle forme, negli odori e nei suoni di una serie di stradine. Devo avvisarti che lasciare la via principale, specialmente nei distretti delle geisha, significa ritrovarsi in un labirinto di viuzze che dopo un po’ ti faranno perdere l’orientamento e sarai convinto di girare su te stesso.
L’errore da non fare, a meno che non ti piaccia il brivido e sei il tipo da esplorazione alternativa, è andare a fare una passeggiata nel distretto storico dopo le 18.00. Ho imparato a mie spese che le città montane, come Kanazawa e Takayama, a ‘na certa, chiudono come i grandi magazzini. E non intendo che trovi meno cose aperte, ma che in strada ci resti solo tu!
Ho visitato Kanazawa in agosto e ho avuto l’ardire di attardarmi tra i negozietti lungo la strada arrivando a Higashiyama che era già buio. L’atmosfera era spettrale!
Non c’era nulla di aperto e l’unica locanda che aveva ancora una luce accesa non accettava altri clienti.
Per un breve tratto c’era con me un altro turista che ne approfittava per fare qualche foto ma, a un certo punto, non l’ho più sentito e, girandomi, ho dovuto registrarne la scomparsa!
I passi riecheggiavano e le poche luci soffuse proiettavano ombre su una strada che non riuscivo a vedere benissimo.
Per farla breve, ho dovuto attivare il fido Google Maps per riuscire a ritrovare l’orientamento per uscire da quel “gioco”, con la sensazione costante che da qualsiasi anfratto potesse uscire il boss del livello con ciò che restava del povero turista/fotografo di cui avevo perso le tracce…
Chiaramente, come nella maggior parte del Giappone, non c’era alcun pericolo a godersi quel momento, ma posso affermare che svoltare l’angolo e ritrovarmi lungo le sponde del fiume Asano mi ha fatto tornare a respirare normalmente. Peccato per non aver potuto vedere il quartiere nel suo splendore, ma porterò per sempre con me il ricordo delle atmosfere che puoi immaginare dalle foto in pagina.
Non contento di quel finale di giornata, mi sono “infilato” nel primo izakaya che mi ha ispirato per paura di ritrovarmi a mangiare onigiri al Family Mart. Una decisione ottima!
Seduto al bancone centrale, tra una coppia di piccioncini più spaesati di me e due ubriachi intenti a scolare saké, ho letteralmente goduto man mano che il bizzarro cuoco con un ventaglio di bambù infilato alla cintura ci distribuiva spiedini “a caso” con carne, verdure e altri ingredienti che non saprei identificare.
Non so esattamente cosa ho mangiato – e forse neanche voglio saperlo – ma avevano un sapore così buono che, con la faccia tosta dei miei momenti migliori, ho chiesto anche un paio di bis!
Per chiudere, lo chef mi ha offerto un liquore di riso (se ho capito bene, ma va preso col beneficio dell’inventario) per accompagnare un gelato artigianale al tè verde e ai fagioli rossi racchiuso in una cialda a forma di conchiglia che andava chiusa a scrigno prima di essere morso.
Uno dei conti più economici della vacanza per una tra le esperienze più belle e suggestive di tutto il viaggio.