L’angolo degli otaku
Dillo con i Kanji
Shirakawa-Go è uno dei nomi più complessi delle località incontrate lungo il mio cammino. Si compone di 3 kanji:
白 川 郷
白 – si pronuncia “shirà” e significa “bianco“. Questo lo conoscevo perché è tra le prime 100 parole che ti insegna Duolingo quando inizi il corso di Giapponese!
川 – Anche questo è facile e si trova spesso: è “kawa” e significa “fiume“. Il fiume del villaggio, infatti, si chiama Shō-kawa (fiume Shō).
郷 – Qui si va su un livello di complessità superiore, benché la pronuncia sia un semplicissimo “gō” (un “go” con la o un po’ allungata). Come ogni parola giapponese, però, non ci dobbiamo far ingannare dalla semplicità della sillaba ma andare a vedere la storia che ci racconta il suo kanji: in questo caso il significato è quello di “vecchio borgo“.
In conclusione, mettendo tutto insieme, il significato di 白川郷 suona come “vecchio borgo sul fiume bianco“.
Un piccolo gioiello
Credo di sapere cosa state pensando: con tutti i posti strepitosi e giganteschi da visitare in Giappone (e chissà quando ci ritorno!) perché dovrei andare a cercare uno sperduto villaggio tra le montagne giapponesi con una decina di case in paglia?
E mo’ ve lo spiego!
Moltissime direttrici di viaggio e i tour della “prima volta” (ovvero quelli in cui tocchi le tappe principali senza le quali torneresti a casa con un senso di vergogna), anziché andare da Tokyo a Kyoto (o viceversa) con lo shinkansen se nza fare soste, toccano 2 tappe intermedie: Takayama, nella prefettura di Gifu, e Kanazawa, nella prefettura di Ishikawa.
Tra queste due tappe più sostanziose, unite da una rete di bus, c’è l’opportunità di aggiungere un’ulteriore fermata ad alcuni villaggi rurali che, con la loro stessa esistenza, raccontano una storia diversa di tempi andati.
Uno di questi villaggi è Gokayama, ma io non l’ho visitato perché ho preferito fermarmi a Shirakawa-go (a volte scritto tutto attaccato, altre volte staccato senza trattino oppure col trattino… perché cambiasse il nome non l’ho mica capito!).
Per farvi percepire le dimensioni, Shirakawa occupa una superficie di appena 356 Kmq in cui vivono poco più di 1.700 abitanti per una densità di 4,79 abitanti per kmq.
Il villaggio ha le fattezze di un piccolo scrigno circondata dalle montagne piene di alberi e adagiato nella valle di Gifu: d’estate si sta al fresco, ma d’inverno possono cadere anche 10 metri di neve dando luogo a stagioni molto rigide.
Il paese si formò nel 1897, in piena Restaurazione Meiji.
Isolati per lunghi periodi dal resto del mondo, gli abitanti impararono a sopravvivere coltivando alberi di gelso e riparandosi in queste massicce e calde case dal tetto di paglia che ancora oggi fanno bella mostra di sé per la gioia dei turisti.
Il loro nome è gassho-zukuri, la cui etimologia deriva dal verbo “tsukuru“, cioè “costruire“, e “gassho“, che indica “le mani giunte in preghiera“. Questi tetti in paglia, quindi, si chiamano così perché la loro realizzazione ricorda effettivamente due mani in preghiera. Sembra che, sebbene di una resistenza fuori dal comune, ogni tetto va rifatto all’incirca ogni 20 anni con costi esorbitanti.
Sta di fatto che queste case con la forma caratteristica sono diventate il simbolo della zona.
Chiaramente, sembra inutile dirlo, ma il motivo di questa forma è proprio impedire che la gran quantità di neve che cade in inverno si accumuli mettendo a rischio l’integrità della struttura.
Per avere un’idea più ampia del susseguirsi dei fatti storici e del ruolo dei personaggi citati in queste pagine, c’è un apposito articolo che tratta la storia completa del Giappone!
La prima destinazione d’uso di questi imponenti edifici era l’allevamento dei bachi da seta (o sericoltura) per produrre la materia prima dell’industria tessile della seta. Nei primi anni del ‘900, infatti, il Giappone era un grande esportatore di prodotti in seta (come le calze) poiché ancora non era stata sviluppata la produzione industriale delle fibre sintetiche, tipo il nylon. Successivamente, per venire incontro alle esigenze del tempo, si cominciò a produrre, ai paini inferiori, il nitrato di potassio, uno degli elementi necessari a fabbricare la polvere da sparo.
Chiaramente, oltre a lavorare nelle gassho-zukuri, gli abitanti del villaggio ci vivevano.
La conformazione stessa della struttura faceva sì che il calore sviluppato per gli abitanti della casa fornisse il tepore necessario allo sviluppo dei bachi.
Passeggiando per Shirakawa-go è ora possibile entrare in alcune di queste abitazioni per visitarne gli ambienti e immaginare, grazie a tabelloni e immagini esplicative, come doveva essere la vita. La struttura imponente si erge epr 3 o 4 piani con interpiani e anfratti dove potevano riposare i lavoranti.
La visita delle case-museo prevede un piccolo costo per il biglietto, ma ne vale la pena: nei vari ambienti sono conservati anche gli utensili tipici utilizzati per la produzione della seta.
Oltre ai famosi tetti in paglia, la visita permette di ammirare la maestria nella realizzazione della struttura che è interamente in legno e corda affinché nella sua grandezza fosse comunque abbastanza flessibile da non collassare sotto la grande mole di neve che l’avrebbe ricoperta.
La grande svolta (permettetemi il termine) “turistica” di Shirakawa-go è avvenuta nel 1995, quando l’UNESCO la inserì nella lista dei Patrimoni dell’Umanità.
Cosa fare a Shirakawa-go?
L’attività principale da svolgere in questo villaggio è… passeggiare!
Per chi ama fare foto, questa zona è una fonte inesauribile di scorci, dai viottoli tra le case alle montagne tutto intorno, dai fiumiciattoli pieni di carpe agli sterminati campi di riso. Senza contare che potrete fare la conoscenza delle libellule mecha transgeniche, una specie dalle dimensioni fuori del normale che ricordano gli angeli di Evangelion. Non li cercate: saranno loro a trovarvi nei loro voli di pattugliamento a filo dell’erba alta!
Le case-museo sono due. credo siano equivalenti, ma non so dirvi di più perché io ho optato per quella non invasa dei tour guidati per potermela godere in pace senza essere scavalcato o inglobato nel flusso di gente.
A un’estremità del villaggio c’è un ponte sospeso sul fiume Shō-kawa che, oltre a portare al parcheggio esterno, permette di raggiungere le rive del fiume e i bordi del boshcetto per concedersi un pic nic o un po’ di relax nella natura.
Tramite una navetta dalla fermata oppure a piedi per una strada in salita di appena 10-15 minuti, è possibile arrivare al belvedere di Shiroyama Tenbōdai, nel luogo in cui un tempo sorgeva un castello. Qui godrete della vista sulla valle con tutto il villaggio sotto di voi, luogo perfetto per una foto ricordo a patto di attendere pazienti il vostro turno in prima fila.
Lungo la via principale ci sono alcuni ristoranti e alcuni chioschi che servono street food. Personalmente, consiglio sempre lo street food per assaggiare più cose e non stare troppo fermi, ma se voleste fermarvi a mangiare, vi suggerisco di fermarvi a prenotare (ove possibile) per evitare di perdere ulteriore tempo in coda. In paese c’è anche un piccolo negozio di alimentari, ma attenti agli orari di chiusura!
Se dopo aver fatto tutto ciò aveste ancora tempo e voleste rilassarvi ulteriormente, a 5 minuti dalla stazione dei pullman c’è un onsen con sorgente naturale (337 di Ogimachi), aperto fino alle 21.30 nelle cui acque possono entrare anche ospiti che non soggiornano al ryokan. C’è una vasca termale interna e una esterna da cui si può godere della vista sul fiume Sho.
Una leggenda afferma che accettino anche persone con tatuaggi (mi sto commuovendo mentre lo scrivo).
Per informazioni su orari e prezzi, consultate il sito ufficiale.
L’invasione dei turisti
Attenti alle regole di buona educazione: purtroppo mi sa che non tutti le hanno rispettate, costringendo la municipalità a mettere dei cartelli in cui ricordano che le case del villaggio sono abitate e quindi si può entrare solo all’interno di quelle adibite a museo (c’è anche la simpatica immagine di un turista che dalla finestra fotografa una famiglia a tavola nella propria cucina).
Sebbene siete all’aperto, anche il fumo è consentito solo in determinate aree, aperte ma delimitate da palizzate.
Infine, si chiede di rispettare la quiete del villaggio evitando schiamazzi e musica ad alto volume.
Durante la visita potreste gustare degli spiedini di manzo di Hida oppure del cibo locale, ma vale sempre la regola del “mangiare camminando” che non è visto di buon occhio.
Come arrivare a Shirakawa-go
In questi luoghi scordatevi il comodo treno a cui ci aveva abituato il Giappone: per muoversi tra le montagne o affittate un’auto oppure salite su un classicissimo bus.
In bus si può arrivare da Kanazawa in circa 1h15′, da Takayama in 50′ e da Toyama in 2h10′. Il servizio è gestito dalla Nohi Bus e le prenotazioni (in alcuni periodi di punta, decisamente necessari) si possono effettuare sul sito nouhibus.co.jp.
Abbiate pazienza per quanto riguarda i siti web: per fortuna c’è la lingua inglese, ma in generale ricordano la nostra produzione degli anni 90.
Kaetsunou Bus collega anche a Takaoka.
Queste tratte in bus non sono coperte dal JR Pass e quindi vanno acquistate a parte.
La stazione, molto piccola, è l’unico punto di arrivo e partenza di pullman: siate puntuali all’imbarco per ché non vi aspetteranno neanche un minuto oltre l’orario e perderete il biglietto (triste storia vera).
La struttura è dotata di bagni, distributori di bibite e cin-lockers. Se questi ultimi dovessero esser pieni, alle vostre spalle troverete un capannone con una stanza che offre la custodia dei bagagli a prezzi modici e con una capienza molto più ampia.
Se voleste evitare di impazzire sui siti giapponesi per la prenotazione del biglietto di ritorno, sappiate che è possibile acquistarli qui direttamente in biglietteria e prendere il primo bus disponibile. Considerato che hanno una frequenza di circa mezz’ora e che ci sono delle corse destinate a chi non ha la prenotazione, non dovreste trovare problemi e godervi la visita senza la spada di Damocle dell’orario di partenza da rispettare.

17 comments
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