La basilica di San Petronio
Con le sue dimensioni (vedi box in pagina), San petronio è la chiesa più grande di Bologna e la quinta sul territorio italiano.
Sembra che i bolognesi siano legati più a questa chiesa che alla vicina cattedrale di San Pietro: una particolarità, infatti, è che questa struttura fu voluta dal Comune e non dalla Chiesa.
Ecco la storia: nel 1253 il vescovo Petronio, che tanto si era speso per la città, venne elevato al rango di patrono di Bologna e quindi, nel 1388, il Consiglio dei 600 del Comune di Bologna decretò l’edificazione di una chiesa a lui titolata. La prima pietra venne posata con una processione solenne solo due anni dopo.
Per chi si pone al suo cospetto, arrivando da Piazza Maggiore, salta subito all’occhio che la facciata è incompiuta. In questo caso,c’è un po’ di storie e qualche leggenda: secondo i progetti iniziali dell’architetto Antonio di Vincenzo, San Petronio avrebbe dovuto essere la chiesa più grande del mondo, a croce latina, con una lunghezza di 183 metri e un transetto largo 137 metri, 3 navate, 4 campanili e una cupola grande quanto quella del Brunelleschi a Firenze.
Le leggende, però, si intrecciano ed è difficile capire quale sia quella corretta: dalla storia del vescovo Baldassarre Cossa (futuro “antipapa” Giovanni XXIII, deposto per simonia dal Concilio di Costanza) che, ostile al progetto, vendette marmi e materiali da costruzione, a quella di papa Pio IV che spostò le risorse e gli sforzi sull’Archiginnasio declassando la priorità di San Petronio, o a quella di papa Clemente VII che fece chiudere il cantiere per alcuni anni.
Fatto sta che il progetto si ridimensionò, pur dando vita a un’opera immensa di stile tardo gotico a cui sembra sempre mancare qualcosa, come il rivestimento di marmo della facciata che arriva solo a metà altezza.
Nel 1530, papa Clemente VII diede notorietà alla chiesa scegliendola come sede per l’incoronazione di Carlo V d’Asburgo come imperatore del Sacro Romano Impero.
Tra il 1656 e il 1658 vennero completate le volte sulle campate.
Nel 1656 venne completata l’abside, rinunciando ai progetti iniziali dei transetti.
Nel 1659 arrivano vetrate e finestroni.
Nel 1663 si dichiara la conclusione dei lavori!
Link
Per conoscere gli orari e molte altre informazioni che vi possono essere utili per la visita della basilica, per i percorsi con la guida o per il museo, il sito ufficiale è:
Ricordate che, se siete in gruppo, dovete prenotare!
La facciata
Se si supera il senso iniziale di incompiutezza e si osserva bene la facciata, si può notare che meticoloso progetto artistico stava prendendo forma, con quei marmi e quegli ornamenti che avrebbero dovuto ancorarsi ai laterizi che sono ancora nudi nella parte superiore.
Un’aera vastissima: 60 metri di larghezza per 51 di altezza. Nel Quattrocento si posero le fasce orizzontali marmoree a partire dal basso alternando pietra bianca d’Istria e marmo rosso di Verona.
I due portali laterali sono completi, mentre quello centrale, realizzato da Jacopo della Quercia, manca della cuspide superiore. In tutti e tre lo schema è il seguente:
- i pilastri laterali sono formati da piastrelle che illustrano scene bibliche dell’Antico testamento (quello centrale è relativo alla Genesi)
- gli architravi (parte superiore orizzontale) presenta scene del Nuovo Testamento.
- nelle lunette superiori sono presenti tre scene con personaggi sacri:
- a sinistra si può ammirare la Resurrezione, ad opra di Alfonso Lombardi
- al centro c’è la Madonna col Bambino tra sant’Ambrogio e san Petronio, realizzati da Jacopo della Quercia
- a destra c’è il Cristo deposto di Amico Aspertini, tra la Vergine e San Giovanni.
Se anche voi vi state facendo la stessa domanda che mi sono fatto io, la risposta è “sì, la facciata resterà così”. Non c’è, infatti, nessun programma per il suo completamento, benché vi siano numerosi progetti con proposte alternative.
L’interno
Quando si varca la porta d’accesso c’è di che riprendersi, sia per la vastità degli spazi, sia per la luce che ti colpisce.
Una caratteristica anomala della chiesa, infatti, è di essere orientata sulla direttrice nord-sud (anziché est-ovest come vorrebbe la tradizione gotica), lasciando che il sole investa le vetrate laterali praticamente per tutto il giorno, dall’alba (est) al tramonto (ovest).
La chiesa è divisa in tre navate, di cui la centrale più alta delle laterali.
Le navate sono divise in sei campate. Le campate delle navate laterali, per metà, accolgono le cappelle laterali.
A separare le navate sono enormi pilastri verticali in mattoni rossi slanciati verso l’alto che terminano con capitelli su cui poggiano le volte a crociera. Questa scelta di linearità sembra alleggerire il peso di tutti quei quintali di pietra e facendo percepire, al tempo stesso, uno spazio vastissimo in cui muoversi.
Un muro privo di vetrate, testimonianza dell’incompiutezza dell’opera, interrompe le linee sul fondo, come se in un certo momento si fosse deciso di mettere un punto.
Descrivere tutte le 22 cappelle sarebbe dispersivo e vi rimando a una buona guida d’arte e al piacere della scoperta esperienziale. In questa sede lasciatemi segnalare solo un paio di cose:
- Per la numerazione delle cappelle, partite da sinistra, dove trovate la prima cappella per arrivare all’ultima che è l’undicesima. A questo punto, si riparte dalla destra dell’altare maggiore con la dodicesima e si procede in direzione opposta, verso l’ingresso, fino alla ventiduesima.
- Nella Cappella di san Abbondio, la prima a sinistra, avvenne l’incoronazione di Carlo V d’Asburgo da parte di papa Clemente VII nel 1530.
- La Cappella di San Petronio, la seconda, era stata disegnata per contenere i resti del santo patrono, che invece furono collocati a Santo Stefano, nel complesso delle Sette Chiese.
- Sul pilastro tra la seconda e la terza cappella c’è uno dei primi esempi in Italia di correzione dell’ora mediante il pendolo.
- La cappella Bolognini, la quarta, è detta anche dei re Magi e possiede opere inestimabili, come gli affreschi di Giovanni da Modena e Francesco Alberti sulla vita di san Petronio. Ma questa cappella è famosa per un Giudizio Universale molto discusso: nell’inferno, infatti, oltre a Lucifero, è rappresentato il profeta Maometto.
- Se, come me, amate i lavori del Manzù, potete trovarne uno nella sesta cappella a sinistra, di san Vincenzo Ferrer.
- La quindicesima cappella (sulla destra) è dedicata al Santissimo, e infatti presenta un pregiato tabernacolo eseguito a Roma, nel 1633 da Vincenzo Franceschini. Soffermatevi sugli intarsi in legno che circondano gli stalli.
- La sedicesima cappella è dedicata all’Immacolata: qui Achille Casanova ha realizzato opere a contorno della più antica statua della Madonna Immacolata, opera di Agostino Corsini, proveniente dalla basilica di san Francesco. Il pavimento rappresenta un prato fiorito e venne realizzato dalla fabbrica di ceramiche Chini di san Lorenzo del Mugello.
- Nella diciottesima cappella si trova la famosa tela della Pietà di Amico Aspertini.
- Nella ventiduesima cappella (l’ultima a destra, vicino all’entrata), si può ammirare la statua in pietra della Madonna della Pace che esce letteralmente dal quadro su cui è dipinto Dio tra gli angeli.
Ai due lati dell’altare maggiore si trovano due organi a canne che sono annoverati tra i più antichi in Italia.
La basilica custodisce le storiche Quattro Croci che, secondo la tradizione, furono poste alle porte della città per rinforzarne la difesa spirituale nel IV o V secolo. Non è certo se a posizionarle fu Sant’Ambrogio o San Petronio.
- la Croce dei Santi Apostoli ed Evangelisti era posizionata presso la Porta Ravegnana,
- la Croce dei Santi Martiri era collocata nell’attuale via Monte Grappa,
- la Croce delle Sante Vergini era collocata in via Farini,
- la Croce di Tutti i Santi era collocata in via Carbonesi, all’incrocio con via Barberia.
Le dimensioni:
- Lunghezza: 132 metri
- Larghezza: 60 metri
- Altezza della volta: 44,27 metri
- Altezza massima: 51 metri (sulla facciata)
Nota sulle immagini
Per poter scattare le foto che vedete in questa pagina ho dovuto versare una quota alla basilica. Anche se inizialmente può sembrare una cosa antipatica, a ben rifletterci sono abbastanza d’accordo con questa prassi: l’Italia è ancora un luogo in cui chiese e musei a cielo aperto sono gratuiti e si può godere delle bellezze dell’arte senza doversi svenare.
Pagare pochi euro per contribuire alle spese del patrimonio che si sta visitando, ricevendo in cambio il permesso di fotografarle è una prassi che mi sento di appoggiare.
Quindi, se entrando nella chiesa più grande di Bologna, non voleste lasciare un’offerta per il sostentamento della basilica, acquistate almeno il biglietto per le foto: contribuirete alla manutenzione e, al tempo stesso, vi porterete a casa un bel ricordo.
L’armonia prima del prestigio
Sicuramente, intonacare le pareti esterne e il tetto nascondendo i mattoni rossi avrebbe dato gran lustro all’edificio, rendendolo più moderno, brillante ed elegante.
I bolognesi, però, decisero di lasciarlo così, con i mattoni rossi a vista, in maniera tale che anche quell’edificio immenso fosse parte del tutto, in armonia con le case e i tetti che la circondavano: uno dei simboli della città non poteva prendere le distanze da “Bologna la rossa“!

La Meridiana
L’opera di Cassini
All’interno di San Petronio è ospitata una meridiana che, in tutta la sua lunghezza, non si può non notare, se non altro per le transenne che impediscono ai visitatori di camminarci sopra.
Il foro che permette alla luce di entrare e segnare la linea d’ottone è posto 27 metri dal suolo.
Tra un solstizio e l’altro passano 56 metri.
La meridiana attuale (che sostituì quella originale) fu progettata nientemeno che dal matematico, astronomo, ingegnere, medico e biologo italiano Giovanni Domenico Cassini, lo stesso a cui fu dedicata la sonda NASA/ESA/ASI che venne lanciata nel 1997 per studiare gli anelli e le lune di Giove, finendo il suo viaggio il 15 settembre 2017 con uno schianto programmato su Saturno.
Ancora oggi, si tratta della meridiana più lunga del mondo con i suoi 67,72 metri. Questa misura corrisponde alla seicentomillesima parte del meridiano terrestre.
La genialità del progetto
Cercherò di spiegarvi in parole semplici la particolarità di questo sistema, ma non me ne vogliate se non ci riuscirò: daremo la colpa alla genialità di Cassini.
L’astronomo volle sfruttare la massima altezza possibile e realizzò nella lastra un foro di circa 27 mm, il cui diametro risultava inferiore a quello apparente del sole. Questo foro, in queste condizioni, diventava un vero e proprio foro stenopeico, ovvero si viene a realizzare lo stesso meccanismo che si ha nella fotografia tradizionale con la camera oscura: la stenoscopia (dal greco stenòs=stretto e opé=apertura) è quel procedimento fotografico per cui la luce rifratta, passando attraverso un foro molto piccolo senza alcuna lente diottrica, inverte l’immagine originale che risulta più nitida quanto più piccolo è il foro. Quella che viene proiettata sulla meridiana, quindi, non è la semplice luce, ma un’immagine fedele e rovesciata del sole. Nel 1973, ad esempio, fu possibile osservare la proiezione dell’eclissi solare.
Una targa di marmo fatta incidere da Cassini spiega che la lunghezza della meridiana corrispondeva alla seicentomillesima parte del meridiano terrestre, anticipando di anni quello che sarebbe avvenuto nel secolo successivo con l’introduzione del metro, ovvero fissando una corrispondenza fra una misura lineare e la dimensione della Terra: il metro, infatti, verrà definito come la quarantamilionesima parte del meridiano terrestre.





