Forgiate dalla natura
Le più famose sono le Giant’s Causeway nell’Irlanda del Nord oppure quelle che fanno da cornice alla cascata Svartifoss, uno dei simboli nazionali dell’Islanda. Ma se ne possono trovare anche più vicino a noi, come i Faraglioni dei Giganti di Aci Trezza e le gole dell’Alcantara, in Sicilia, o la scogliera di Capo Ferrato, in Sardegna.
Sto parlando delle colonne basaltiche, una delle meraviglie della natura che sembra scolpita a mano da un gigante ma ha un’affascinante spiegazione in seno alla geologia.
Partiamo dalla roccia: il basalto è una roccia di origine effusiva di origine vulcanica, di colore scuro o nero. Il termine “effusivo” sta a indicare che la solidificazione avviene esternamente alla crosta terrestre, contrariamente alle rocce di tipo “intrusive” che lo fanno all’interno della crosta terrestre.
A formare il basalto è l’incontro tra aria o acqua e il magma basaltico, ovvero il magma creato dalla fusione del mantello terrestre, che sarebbe lo strato della Terra che sta sotto la crosta terrestre.
Il materiale che si forma dal consolidarsi del magma è rinomata per la sua durezza e la sua resistenza.
Il nome “basalto” deriva dalla parola latina “basanites“, che significa appunto “roccia molto dura“.
La parte superiore della crosta oceanica è costituita in prevalenza da basalto.
Le colonne basaltiche
Veniamo alla formazione delle particolari colonne.
Il magma basaltico ha una temperatura tra i 1.000°C e i 1.500°C finché resta nel sottosuolo.
Essendo particolarmente fluido, sfrutta la frattura nella crosta terrestre per uscire in superficie, e si scontra con aria, acqua o, addirittura, ghiaccio. Viene quindi sottoposto a un rapidissimo raffreddamento (da 100-1500 gradi alla temperatura ambiente) che induce una contrazione e crea spaccature nella roccia: più è rapido il raffreddamento, più capillare sarà la spaccatura e quindi più piccole saranno le colonne. Il diametro potrà variare da pochi centimetri a qualche metro.
Sì, ma perché in colonne?
La pressione che si genera dalla contrazione dovuta al raffreddamento va smaltita dalla struttura: siccome in verticale si riesce a smaltire, le fratture si verificano solo in senso orizzontale lasciando la pietra integra per tutta la sua altezza.
Sì, ma perché esagonali?
Cominciamo col dire che non devono essere necessariamente esagonali, ma la definizione esatta è “a sezione prismatica”. Questo presuppone una forma regolare e ripetitiva, non necessariamente regolare.
Benché lasci le spiegazioni più precise ai geologi, mi azzardo a semplificare il fenomeno con la considerazione che, sebbene le prime spaccature della roccia avvengano in modo casuale, il “sistema” roccia cerca il suo stato di minor energia o, in altre parole, lo stato in cui può rilasciare la maggiore quantità di energia in tempi brevi.
Sembra che il massimo dell’energia venga liberato proprio da una struttura di fessure con una trama esagonale. Per dirla da un altro punto di vista, viene rilasciata più energia per ogni crepa prodotta se queste si intersecano ad angoli di 120°, il che ci riporta alla figura esagonale.
Avendo a che fare con la natura e non con una squadra di geometri, è chiaro che non solo gli esagoni non saranno sempre perfetti ma, ogni tanto, ci scapperà anche qualche forma prismatica che dell’esagono è solo un lontano cugino.


