Sotto alle cascate di Seljalandsfoss

In Islanda lungo la via del sud

Lungo il Ring tra le meraviglie della natura

by Nemo

300 km molto impegnativi

L’ho chiamata “la via del sud” e vi assicuro che è spettacolare!
Ho deciso di inserire in un solo articolo un po’ di tappe molto interessanti e imperdibili del vostro viaggio lungo la Þjóðvegur (in caratteri leggibili Hringvegur, altrimenti detta Ring Road) nel tratto che attraversa la regione del sud dell’Islanda. Quest’area è la più visitata dai turisti e dai tour operator perché in pochi chilometri ci sono tantissime cose da vedere e il mio consiglio è quello di spezzare il passaggio nel Suðurland (letteralmente, Terra del Sud) e della prima parte dell’Austurland (Terra dell’Est) in più giornate per potervi gustare appieno ogni singola esperienza.
Quindi, non fatevi distogliere dalle distanze fisiche, perché quelle vi faranno calcolare dei tempi oggettivi (quello che i greci chiamavano κρόνος – Cronos), mentre un viaggio tra queste meraviglie naturali, per restarti dentro come memoria, ha bisogno di un tempo opportuno (quello che i greci chiamavano καιρός – Kairos).

Il percorso che vi propongo inizia a Ella e finisce alla laguna di Jökulsárlón. In mezzo ci sono 285 km di strada asfaltata. Quanto potrà volerci?
3 ore… 3 ore e un quarto?
Vi elenco di seguito solo le principali attrazioni da vedere in questo piccolo tratto di strada e poi fatevi voi i conti!

Per alcuni luoghi troverete una breve descrizione, mentre per altri vi rimando allo specifico articolo.
In particolare, qui mi concentrerò sulle cascate più famose che troverete lungo il percorso.

Non vi arrabbiate se questa pagina impiega un po’ di tempo a caricarsi: c’è davvero tanta roba e ho voluto darvi una guida ricca e fedele di uno dei più bei viaggi che si possano fare nella natura.
Purtroppo ho tanti doni, ma la sintesi non è tra questi!

Pazientate un po’ perché ne vale la pena… 😉

Ella

Non vi parlerò nel dettaglio di questa piccola città ma, nel caso restiate in Islanda abbastanza tempo da includere anche destinazioni minori, sappiate che può essere un buon punto d’appoggio per muovervi tra le escursioni della zona poiché si trova vicino al vulcano Hekla e da qui partono i sentieri per escursioni impegnative ed emozionanti come il Landmannalaugar o il crinale del Þórsmörk (letteralmente, Foresta di Thor).
Ma se voleste fare anche solo uno stop tecnico a Ella, potreste prenotare una visita alle Cave di Ella, quattro grotte artificiali dall’origine ancora sconosciuta: saranno stati i Vichinghi o i coloni cristiani?
Ma se neanche le grotte vi interessano, segnatevi almeno che qui c’è la possibilità di prendersi un piccolo tempo di relax nella Hella Swimming Pool, una piscina al centro della città con vasca riscaldata, sauna e uno scivolo d’acqua.

Lava Centre

Abbiamo lasciato Ella da 10 minuti e c’è già l’opportunità di fermarsi per scoprire qualcosa in più sui fenomeni naturali di questa regione. In questo caso il Lava Centre è un centro espositivo per approfondire la conoscenza dei vulcani e dei terremoti e per apprendere qualcosa in più sulla storia del territorio islandese, a partire dalla sua creazione. È chiaramente legato al geoparco di Katla e all’omonimo vulcano, importante sia per le sue dimensioni che per l’intensità delle sue eruzioni.
Il centro è di recente costruzione (rinnovato nel 2022) e ha una struttura architettonica moderna, immersiva e coinvolgente. Utilizza strumentazioni high-tech per rendere la divulgazione scientifica più accattivante anche ai più piccoli (per chi viaggia con bambini, ci sono piani di ingresso familiari per risparmiare qualcosa).
Il cinema proietta filmati di alta qualità delle eruzioni più recenti sul territorio islandese.
C’è anche una food court per consumare colazione, pranzo o cena.

Per informazioni e prenotazioni, il sito ufficiale del centro è lavacentre.is.
E se siete content creators, sappiate che al Lava Centre vi spettano a braccia aperte per collaborare con loro, mettervi a disposizione il loro kit informativo e darvi il badge per l’accesso gratuito: se siete interessati, questo è il link.

Seljalandsfoss e Gljufrabui

Seljalandsfoss e Gljúfurárfoss sono la nostra prima tappa in fatto di cascate. Dovreste essere davvero distratti per non vedere Seljalandsfoss dal bordo della Ring Road, con i suoi 60 metri di salto.
Vi descrivo il rito propiziatorio da compiere con religiosa meticolosità.
Usciti dalla strada principale, si lascia l’auto al parcheggio e si fanno, in processione con gli altri turisti (Dio non voglia che insieme a voi arrivi un pullman carico) i pochi metri che vi separano dalla piazzola sul ciglio del sentiero per la prima foto d’effetto di fronte alla cascata. Il salto dell’acqua termina in un laghetto e la nebbiolina che si genera forma degli splendidi arcobaleni nelle giornate di sole.
A quel punto, se le condizioni generali la rendono percorribile (altrimenti sarà la stessa organizzazione islandese a chiuderne il passaggio) il sentiero prosegue dietro la cascata, in una parte cava della montagna… e vai con la seconda foto (se viaggiate da soli, forse, i turisti del pullman qui vi tornano utili) in cui la vostra silhouette scura contrasterà con il muro d’acqua che filtra la luce del giorno.
Usciti dalla cava, proseguite lungo il fiume per la terza foto, un primo piano di voi, fradici per gli schizzi con la cascata alle spalle.

Seljalandsfoss vuol dire “cascata liquida” e dve questo nome al fiume che la genera, infatti Seljalandsá significa “fiume liquido”. Dove oggi c’è la cascata che precipita nel laghetto, un tempo c’era il mare e quindi il fiume sfociava direttamente nelle acque dell’oceano.

Ehm… e l’altra cascata dov’è?
Chi mastica un po’ di islandese avrà già colto il significato del nome: Gljúfurárfoss significa “cascata nascosta“.
Quindi non ci resta che iniziare la nostra caccia al tesoro continuando a camminare lungo la parete rocciosa di origine vulcanica sbirciando in ogni anfratto. Circa 600 metri dalla grande cascata, infatti, ce n’è un’altra più piccola (“solo” 40 metri di salto) parzialmente nascosta da una grande roccia ma che, cambiando prospettiva, diventa visibile. Per ammirarla nella sua interezza dovremo percorrere un sentiero che sale fin sopra la cascata (condizioni meteo e di terreno permettendo).

Seljalandsfoss da un'alra prospettiva
Seljalandsfoss da un'alra prospettiva
Bagnato ma felice
Il sentiero che passa dietro la cascata
Seljalandsfoss da un'alra prospettiva
Sotto la cava del Seljalandsfoss

Piscina Seljavallalaug

Questa non è una vera attrazione, ma prendetela piuttosto come un’opportunità di connettervi con la natura islandese e rilassarvi 10 minuti: si tratta di una piscina gratuita all’aperto riempita di acqua calda che sgorga direttamente dal terreno. Non vi aspettate l’acqua bollente dei bagni termali, ma in contrasto col costante venticello islandese è comunque piacevole.
La piscina di 25 metri è una della più antiche del paese e fu realizzata nel 1923 in cemento, ma la zona è costellata di piccole pozze naturali in cui immergersi in autonomia.
State sempre attenti a non rovinare la natura spostando sassi o camminando sui muschi!

Il sito è incantevole e si raggiunge con una passeggiata di 20 minuti dal parcheggio delle auto. L’acqua è trasparente e pulitissima, ma nella vasca ci sono spesso le alghe perché la manutenzione avviene raramente. Vi sconsiglio di utilizzare gli spogliatoi se non sono stati puliti di recente.
Vi lascio qui accanto il link al video “Never Back Down” della band islandese Novastar che fu girato proprio qui e vi può dare un’idea del sito.

Skógafoss

Siamo ancora lungo la parete di roccia vulcanica che un tempo era la costa dove i fiumi sfociavano nell’oceano. Oggi il mare è a 5 chilometri a sud e la scogliera è elevata rispetto al livello del terreno che nel frattempo si è formato, costringendo i fiumi a compiere dei salti spettacolari, come avviene con la cascata Skógafoss .
Il fiume Skógaá, originato dal ghiacciaio Eyjafjallajökull, dopo aver generato una ventina di cascate minori, si getta da un’altezza di 62 metri per una larghezza di 25 metri.

Stare ai piedi di Skógafoss in contemplazione è un atto di coraggio, per la potenza che si ha di fronte. Il vapore sospeso generato dall’impatto dell’acqua ti investe e ti bagna completamente in pochi secondi. È come entrare in una campana di nebbia al cospetto di una forza più grande di te che domina la valle.
Se foste stupiti vedendo persone che entrano in acqua e restano in contemplazione, sappiate che, nella tradizione popolare, a questa cascata è associato un potere speciale: chi vi si bagna ritroverà presto qualcosa che ha perso.

Sul lato destro della cascata c’è una scala di ferro che porta sulla sommità del costone e permette di imboccare il Fimmvörðuháls gönguleið, un sentiero (ricordate che gönguleið significa proprio “sentiero escursionistico”?) che all’inizio è molto semplice che costeggia il fiume Skógaá donandovi scorci unici con le sue anse e altre cascate.
Quei fortunati che hanno diversi giorni a disposizione potrebbero pensare di percorrerlo tutto, ma sappiate che si tratta di una delle più famose vie pedonali d’Islanda che unisce Skógar a Þórsmörk percorrendo ben 22 km e passando tra i ghiacciai Eyjafjallajökull Mýrdalsjökull.
In realtà, per vedere posti indimenticabili, vi basterebbe camminare un paio di ore e poi tornare indietro, mettendo in conto una mattinata di escursione. Incontrereste le cascate di Hestavaðsfoss (dopo 200 metri: le incontrereste anche se aveste optato per una passeggiata di 20 minuti e ritorno… non avete scuse per non farlo!), Fosstorfufoss (a circa 600 metri dalla partenza… dai, non fatevi pregare!), Steinbogafoss, Fremri & Inri-Fellsfoss (una doppia cascata a poca distanza: qui siamo già a 2 km di strada circa dalla partenza, ma il paesaggio e la bellezza di questo sentiero vi ripagherà di ogni sforzo), Rollutorfufoss, e le due spettacolari Skalabrekkufoss e Kaefufoss, spettacolari al pari di Skógafoss, se non più belle perché immerse in un ambiente unico in cui sarete solo voi e la forza della natura.
Come sempre vi raccomando, attrezzatura adeguata per un’escursione in montagna e un occhio al meteo.

Il tesoro dei vichinghi

C’è una bella storia legata a questa cascata.
Le storie islandesi della buonanotte ambientate ai tempi dei vichinghi parlano di un forziere di monete d’oro nascosto da Þrasi Þórólfsson in una grotta dietro alle acque della cascata e che, nei giorni in cui il sole batte contro le acque si potesse vedere come i suoi raggi vengano rifratti dalle monete d’oro.
Un ragazzo riuscì a trovare il forziere e cercò di estrarlo dalla grotta legandolo a una corda che fece passare in un anello per issare il bottino ma le acque impetuose di Skógafoss riuscirono a spezzare la corda riprendendosi le monete e lasciando il ragazzo con la corda spezzata e l’anello d’argento.

In seguito, proprio quell’anello fu usato come maniglia per la porta d’ingresso della Skógakirkja, la chiesa di Skógar.
Se, uscendo dalla Ring Road, proseguite sulla stradina e, anziché girare a sinistra per il parcheggio della cascata, proseguite fino alla prima traversa a sinistra, potrete raggiungere sia la chiesa, costruita nel 1.100 e dedicata a San Nicola, sia lo Skógasafn, ovvero il Museo di Skógar che, oltre a splendide case coperte di torba testimonianza del passato, conserva il famoso anello d’argento del ragazzo sfortunato.

Lungo il fiume Skógaá verso la cascata
Lungo il fiume Skógaá verso la cascata
La potenza di Skógafoss
La potenza di Skógafoss
Seguire il corso del fiume fino al salto...
Seguire il corso del fiume fino al salto...
La cascata di Hestavaðsfoss, 200 m prima di Skógafoss
La cascata di Hestavaðsfoss, 200 m prima di Skogafoss
La scalinata per imboccare il sentiero Fimmvorduhals
La scalinata per imboccare il sentiero Fimmvorduhals
Non sto piangendo: mi è entrata una Skógafoss nell'occhio
Non sto piangendo: mi è entrata una Skógafoss nell'occhio
Le indicazioni lungo il Fimmvorduhals
Le indicazioni lungo il Fimmvorduhals
A lato di Skógafoss si sale verso il Fimmvorduhals
A lato di Skógafoss si sale verso il Fimmvorduhals

Solheimasandur Plane Wreck

Ecco un altro di quei posti diventati famosi per volontà popolare ma, a mio modestissimo parere, un po’ sopravvalutati: alla fine di questo testo vi darà la mia opinione personalissima, ma prima lasciate che vi descriva questa attrazione turistica molto particolare.

Torniamo al 24 novembre 1973. Io ero nato da 9 mesi, ma credo che questo non vi importi molto.
Un aereo Douglas C-117D dell’Aeronautica Militare Americana stava volando dall’aeroporto di Hofn Hornafjördur alla stazione aerea navale di Keflavik. Passando sopra il ghiacciaio Vatnajökull delle formazioni di ghiaccio compromisero la stabilità del volo e l’equipaggio, composto in totale di 7 membri, si salvò grazie a un atterraggio di fortuna sulla spiaggia nera di Solheimasandur, a pochi minuti dal villaggio di Vik, che forse al tempo era un fiume ghiacciato.

Come si usa quando si vuole lasciare il posto migliore di come lo si è lasciato (sono ironico) l’aereo fu “cannibalizzato” di tutte le parti interessanti e ancora utilizzabili e alcune parti furono asportate e vendute ai collezionisti da alcuni abitanti della zona.

Image by Ayesha from Pixabay
La foto è di Ayesha da Pixabay

Il risultato è che, se oggi passate sulla Ring Road diretti verso est, avete appena lasciato il sito di Skógafoss e siete più o meno a 15 minuti da Vik, sulla destra troverete un parcheggio e l’indicazione per il sentiero che, con una camminata di circa un’ora, vi porta verso la costa fino al sito in cui giace ciò che resta della carlinga dell’aereo.
Per i più pigri c’è anche un bus che percorre il tratto all’incirca ogni mezz’ora. Parcheggio e bus sono a pagamento.

Questo posto, conosciuto come “Solheimasandur Plane Wreck” è uno dei più fotografato d’Islanda e, effettivamente, se site fotografi professionisti o amatoriali e sapete come ottenere il meglio dall’incontro tra la luce e i sensori, questo è uno di quegli scenari che vi regala foto artistiche da appendere alla parete per il contrasto tra il paesaggio scuro e inospitale e la carlinga grigia dell’aereo. Il problema è che dovrete pazientemente aspettare che il magico mondo dei selfiesti e dei creator vi conceda uno spiraglio di tempo e di spazio – tra una corsa e l’altra del bus – per poter fare una foto senza uno di loro arrampicato sul tetto dell’aereo.

Concludendo…
Solo scorrendo questa pagina avrete sicuramente intuito quante cose ci siano da ammirare in questi pochi chilometri… cose che l’acqua, il vento, il ghiaccio o il fuoco hanno plasmato nel corso dei secoli e che hanno caratteristiche e fascino unici, oltre alle belle opere che l’uomo stesso ha saputo concepire per esaltare la natura. E questo è solo un piccolo tratto di un viaggio affascinante che cambia ogni giorno lungo la Þjóðvegur.
Bene… nell’economia di un tempo limitato che mi è concesso per vivere tutto quello l’Islanda mi concede attraverso esperienze emozionanti e uniche, mi date tre buoni motivi per cui dovrei perdere due ore di viaggio per andare a fotografare il rottame di un aereo senza alcuna storia?

Dyrhólaey la spiaggia nera di Reynisfjara

La spiaggia nera di Reynisfjara

Metti insieme un promontorio con una vista eccellente, tanto quanto la compagnia di decine di pulcinelle di mare che vi nidificano. Aggiungi una spiaggia di sabbia nera che corre tra il promontorio e una grotta circondata da colonne di basalto. Condisci tutto con faraglioni lavici densi di fascino e storie mitologiche che spuntano dalle acque del mare e avrai in mano tutti gli elementi di Dyrhólaey e della spiaggia di Reynisfjara.
Per i dettagli ti rimando al link della pagina che gli ho dedicato!

Gígjagjá, La grotta di Yoda

La doverosa premessa è che questa destinazione ve la metto solo per non lasciare indietro niente, ma secondo me, nell’economia di un viaggio pieno di meraviglie, potreste pure passare oltre senza sentirvi troppo in colpa.
La grotta si chiama Gígjagjá ed è una cavità nella montagna di Hjörleifshöfði, di origine vulcanica e nominata così in ricordo di un famoso colonizzatore della storia islandese: Hjörleifur.

La storia parla di due fratelli, Hjörleifur e Ingólfur Arnarson. Il primo si stabilì a Hjörleifshöfði, mentre il secondo a Ingólfshöfði. Quando Hjörleifur fu uccuìiso da una sommossa degli schiavi, il fratello si vendicò facendo strage di loro. La leggenda narra che il corpo di Hjörleifur sia sepolto in cima a Hjörleifshöfði.
C’è un sentiero che porta a un tumulo considerato il luogo di sepoltura, ma fate attenzione: si dice che la zona sia abitata dagli elfi!

A dispetto di questa leggenda, però, la grotta è diventata ancora più famosa per essere stata il seti del film “Star Wars: Rogue One” e viene chiamata anche “la grotta di Yoda” per la forma del finestrone sopra all’apertura di ingresso (non vi sarà difficile capire perché).

La strada che porta alla grotta è bruttina in quanto sterrata e piena di sassi. Attenzione a percorrerla con cautela anche se non è stata classificata come una strada di tipo “F” (quelle per cui è obbligatorio avere una 4×4).

La grotta di Gígjagjá

I campi di lava

Poco dopo la deviazione per Gígjagjá, il ponte su un’insenatura segna il confine della provincia e il paesaggio, magicamente, cambia! Mentre in lontananza, guardando verso nord, potrete vedere il ghiacciaio Myrdalsjokull, attorno a voi sarà come se il mondo degli elfi avesse esteso i suoi confini fin dove l’occhio può arrivare.
I cosiddetti campi di lava sono il ricordo autentico e tangibile della distruzione che le eruzioni possono fare e della desolazione che resta dopo il loro passaggio.
La roccia durissima, in decenni e decenni di pazienza, solitudine e rassegnazione, si è ricoperta di muschi verdastri che le conferiscono un’area fiabesca con un colore che la luce dell’alba e del crepuscolo può rendere quasi fluorescente.

Lungo la strada troverete diversi siti in cui fermarvi per ammirare questo spettacolo unico. Vi consiglio di dedicargli qualche minuti. Non troppi, nell’economia di un viaggio pieno di tappe, ma se non vi fermaste almeno un momento, perdereste qualcosa di bello e significativo.

Laufskálavarða, ad esempio, è un sito che racconta il proprio passato mostrando quello che non c’è più: un tempo qui sorgeva una fattoria che fu arsa dalle fiamme e distrutta dal fiume di lava. In seguito, quando iniziò la ricostruzione, ogni persona che passava metteva un sassolino su un mucchio come buon auspicio per una ripartenza della vita quotidiana. Questa usanza è rimasta e si è estesa ai turisti, che possono lasciare un segno non invasivo aggiungendo il loro sassolino e realizzando delle piccole torri ai lati della strada.
Purtroppo il loro passaggio diventa invasivo quando decidono di portarsi via del muschio o di camminare sui campi di lava, ignorando che stanno distruggendo un pezzo di ambiente che la natura impiegherà decenni a ricostruire.
Per evitare questo sfregio, nel tempo, il governo locale ha fatto trasportare in questa zona un bel carico di sassi al fine di proseguire la tradizione senza istigare al vandalismo.


(scusate se rovino il momento catartico e ambientalista, ma quando sento questo fatto la mia mente immagina il sindaco di Roma con qualche assessore che distribuisce lucchetti a Ponte Milvio…)


Un altro buon punto di osservazione è il Mossy Lava Field. In realtà, è solo un punto panoramico lungo la Ring Road e non una località: “moss”, in inglese, vuol dire “muschio” e quindi il nome del sito è ovviamente riferito al manto muschioso che è nato sulla pietra vulcanica. Ilvero nome di ciò che si sta guardando, e cioè uno dei manti muschiosi (si può dire “muschiosi”?) più spettacolari per estensione e impatto visivo, cioè Eldraun.
C’è anche un altro punto panoramico a 3 km distanza, chiamato Gönguleið um Eldhraun (Gönguleið  vuol dire “sentiero” in islandese).

Il campo di lava di Eldraun racconta la travagliata storia del territorio islandese: tra il 1783 e il 1784 la fessura del Laki e l’adiacente vulcano Grímsvötn hanno dato origine a una delle eruzioni più devastanti della storia: circa 14 chilometri cubi di lava basaltica e nubi di gas velenosi hanno devastato questo territorio distruggendo ogni costruzione e ogni campo coltivato e uccidendo il bestiame impedendone la riproduzione. Nei mesi successici non c’era più un campo coltivabile o un pascolo attivo. Persino il mare aveva smesso di essere fonte di cibo con la pesca. Per la carestia che ne seguì, morì circa un quarto della popolazione umana dell’isola.

Non sottovalutate gli elfi!

Le piccole torri di pietre presenti a Laufskalavarda mi permettono di introdurvi un’altra leggenda parallela a quella dei Troll, ma sostanzialmente diversa per le sue origini: quella degli elfi islandesi. Una leggenda popolare, infatti, attribuisce le piccole torri di pietra agli elfi che le costruiscono quando nessuno li vede.

L’origine degli elfi ha origine dai racconti bilici. Si narra infatti che quando Dio volle conoscere i figli di Adamo ed Eva, la progenitrice dell’umanità cominciò a lavare e preparare i propri bambini per l’importante incontro ma, non volendo mostrare quelli ancora in disordine, ne chiuse 3 in un armadio (non ci è dato sapere dove potesse essere questo armadio). Quando Dio incontrò i figli di Eva, proclamò:

“Tutto ciò che viene nascosto a me, sarà nascosto anche agli uomini, per sempre”.

Quando Eva tornò ad aprire l’armadio, i suoi figli non c’erano più.
Dio li aveva resi invisibili ed essi diedero vita  a una stirpe di elfi invisibili agli uomini che vivono nelle rocce d’Islanda.

Se questa vi sembra una favola, sappiate del gli islandesi tengono molto al giudizio degli elfi e in molti giardini potrete trovare piccole case costruite appositamente per loro dove gli isolani portano dei doni come richiesta di buon auspicio.
Si narra che anche grandi opere pubbliche siano state interrotte dopo alcuni incidenti perché questi ultimi furono attribuiti agli elfi che non gradivano i lavori.

A Hafnarfjördur, la città a sud di Reykjavik, si può richiedere all’ufficio turistico la Hidden Worlds Map del comune che contiene i luoghi in cui si possono incontrare gli elfi. A disegnare la mappa è stata una certa Erla Stefándóttir, che diceva di poter vedere e parlare con queste creature. Nella città ci sono tour organizzati chiamati “Hidden World Walks” che portano i turisti nei luoghi misteriosi alla scoperta del popolo invisibile.

I campi di lava
I campi di lava
I campi di lava

Il canyon Fjaðrárgljúfur

Il fiume Fjaðrá, affluente del fiume Skaftá, ha scavato pazientemente tra le rocce basaltiche di palagonite fino a formare scogliere a picco alte fino a 100 metri formando un canyon è lungo approssimativamente 2 chilometri: è il canyon Fjaðrárgljúfur, che si può percorrere lungo i sentieri tracciati sulla cima della sua parete, a patto di non scavalcare le corde.
Ma per saperne di più vi rimando al link dell’articolo dettagliato.

Prospettive del Fjadrargljufur

Skeiðarársandur e Lómagnúpur

Se vi aveva sconvolto quale distruzione possa portare la lava, aspettate di vedere cosa può fare l’acqua!

Vi ricordate quando, in una delle prime tappe di questa pagina, vi dissi che il Geysir islandese era così grande da dare il nome a tutti i geyser del mondo? È ora di scoprire che questo accade anche per un altro fenomeno naturale, chiamato sandur (in islandese vuol dire “sabbia”).

Il sandur

Abbiamo oltrepassato i campi di lava ed ecco che, dopo qualche chilometro della Ring Road, ci troviamo a guidare in un altro tipo di deserto: una pianura estesissima e scura, fatta di sabbia e detriti e solcata da rigagnoli d’acqua che disegnano una trama infinita per tutta la sua larghezza. Questo ambiente si chiama “sandur” e il termine universalmente utilizzato trae origine dal nome della regione che state attraversando e cioè la piana di Skeiðarársandur, tra la calotta glaciale del Vatnajökull e l’ Oceano Atlantico per una lunghezza che va dai 20 ai 30 km. La costa interessata dal sandur è lunga 56 km conferendo a Skeiðarársandur il titolo di sandur più grande del mondo con i suoi 1.300 kmq di superficie.
La pianura del sandur si è formata a seguito delle “alluvioni glaciali”, ovvero dalla sabbia, dalla ghiaia e dagli altri detriti trasportati a valle dalla furia implacabile e paziente delle acque di scioglimento dei ghiacciai.

Per gli amanti della fotografia, se impostate sul navigatore la destinazione Lómagnúpur Scenic Spot avrete un buon punto panoramico per osservare il contrasto tra il ghiacciaio a nord e il sandur a sud.

Un altro punto scenico per delle foto suggestive (che vi direi di saltare se siete in ritardo sulla tabella di marcia) è lo Skeiðará Bridge Monument: si tratta dei resti di un ponte che fu strappato via dalle fondamenta a seguito dell’azione combinata tra un’eruzione e la conseguente inondazione glaciale… evidentemente gli elfi non erano troppo d’accordo alla sua costruzione in quel luogo!
Al di là del monumento in sé, che potrebbe anche sembrare squallido, vale la pena riflettere sulla forza dirompente della natura e su quanto troppo spesso crediamo di poterla dominare o aggirare con la moderna tecnologia.

Parco Skaftafell  e Cascata Svartifoss

Sosta obbligata al Parco Nazionale di Skaftafell, dove vi potrete regalare un’immersione totale nella natura passeggiando tra i sentieri dei boschi islandesi e raggiungendo la famosissima cascata Svartifoss, uno dei simboli nazionali.

Per i più coraggiosi ci sono anche i sentieri diretti al ghiacciaio Skaftafellsjökull, fin sul fronte del gigante.
Il Centro Visitatori è a disposizione per vedere la mappa dei sentieri, per prenotare un’escursione oppure semplicemente per riposarsi e mangiare una fetta di torta.

Per tutti i particolari, vi rimando alla pagina dedicata.

Al cospetto di Svartifoss

Múlagljúfur Canyon

I circa 60 km che dividono Skaftafell da Jökulsárlón hanno dell’incredibile: se state con gli occhi aperti, la vostra corsa sulla Ring Road sarà costellata di fermate per fotografare ogni meraviglia su questo percorso, dal minaccioso fronte del ghiacciaio Svínafellsjökull alle imponenti montagne sullo sfondo, dalla chiesa col tetto in torba Hofskirkja ai paesaggi alla Interstellar, dalle scogliere con i puffin al profilo del vulcano Öræfajökull.
Ma se volete vedere qualcosa di unico, fate come vi dico: impostate su Google Maps le parole “Turn to Mulagljufur Canyon” e troverete l’imbocco di una strada, sulla destra, che vi porterà a un parcheggio. Quando sono andato io era sterrata e richiedeva una 4×4 perché c’erano dei corsi d’acqua da attraversare, ma oramai dovrebbe essere terminato il progetto per una strada asfaltata. Il parcheggio è a pagamento utilizzando il QR-Code che troverete.
Da qui inizia un sentiero (prevalentemente in salita) verso il canyon Múlagljúfur.

ATTENZIONE:

  • Valutate sempre se la vostra auto sia in grado di proseguire in sicurezza: in alcuni mesi dell’anno, con le giuste condizioni e temperature, potrebbero esserci dei corsi d’acqua da attraversare rendendo necessaria una 4×4. Proseguire a piedi è un’opzione, ma valutate i tempi di andata e ritorno.
  • Per sicurezza, verificate le indicazioni all’inizio della strada che, eventualmente, segnaleranno impedimenti sulla via.
  • Il sentiero da affrontare a piedi è fattibile, ma non facilissimo ed è costantemente in salita, quindi cimentatevi solo se avete un minimo di allenamento e la giusta attrezzatura.
  • Il sentiero è segnato poco e male: evitate i “fuoripista” per rispetto alla natura che vi ospita!
  • Evitate rischi inutili come restare sul sentiero di notte.

Se gli avvertimenti precedenti non vi hanno fermato, scoprirete quello che, per molti, è forse l’angolo di natura più bello d’Islanda. Il canyon di Múlagljúfur è fuori dalle rotte del turismo di massa e quindi conserva quel fascino incontaminato dei luoghi ancora da scoprire in punta di piedi e in un silenzio irreale.
Vi sembrerà di stare in un romanzo fantasy, al punto che, dalle rocce laviche e dalle vallate piene di muschio verdissimo, non vi stupirebbe l’incontro con gli elfi.
Dal punto panoramico vedrete strapiombi, ruscelli e cascate, come le spettacolari Múlafoss Hangandifoss.

Il sentiero è lungo circa 4 km, durante i quali ci sono 2 fiumi da guadare. Se il primo è relativamente semplice (sempre che abbiate le scarpe adatte), il secondo richiede un po’ di ricerca delle pietre che permettono di passare sulla riva opposta. Vi raccomando, ancora una volta, tanta cautela. Alla fine del tragitto, però, verrete premiati da una delle viste più spettacolari del vostro viaggio.

Se voleste farvi un’idea del canyon, guardate il primo episodio dell’ultima stagione del Game of Thrones: è il campo di volo dei draghi di Daenerys.
BTW, ho un ricordo tale di questo posto che spero proprio che la nuova strada asfaltata non abbia tolto quel fascino di intimità tipico dei luoghi che non si affacciano direttamente sulla Ring Road!

Le lagune glaciali

La proverbiale punta dell'iceberg

L’ultima tappa di questo tratto di Ring Road prima di buttarci a capo fitto tra i fiordi dell’Austurland (la Terra dell’est) è dominato da sua maestà il ghiacciaio Vatnajökull che, con i suoi 8.100 kmq di superficie il più grande in Europa per volume e il secondo per estensione. Dalla strada ci sono diversi modi per interagire con lui, dalle escursioni sua superficie all’esplorazione di grotte ghiaccio al suo interno.
Ma a sorprenderci lungo il cammino saranno due “signore” che si sono formate dal ritiro di due lingue del ghiacciaio che, a causa dello scioglimento dei ghiacci e dello staccarsi di enormi blocchi dal loro fronte, sono a disposizione dei viaggiatori direttamente a bordo strada. Stiamo parlando delle lagune glaciali:

  • Fjallsárlón, la prima a spuntare, più piccola ma meno frequentata dal turismo di massa. È il luogo ideale per ascoltare il crepitìo dei ghiacci al cospetto del ghiacciaio Fjallsjökull.
  • Jökulsárlón, la più grande e la più famosa, originata dal ritiro del ghiacciaio Breiðamerkurjökull. Per quanto più affollata è il posto giusto per capire come la natura si mette in moto quando la trascuri e per studiare da vicino gli iceberg, le gigantesche montagne galleggianti che negli anni si consolidano e conquistano il mare oppure depongono le armi sulla spiaggia di Diamond Beach.

Per i dettagli su questi luoghi, vi rimando alla pagina dell’articolo che ho scritto sulle lagune glaciali.

La mia pagina